Il convegno sul mutualismo, malgrado fossimo pochissimi, poco più dei relatori e noi, malgrado la disomogeità, un po' sconcertante, fra interventi prettamente "politici", proiettati sul futuro (quello di Nadia Urbinati, straordinario) e altri, pur interessanti, ma prettamente storiografici, sul funzionamento delle società di mutuo soccorso della fine dell'Ottocento, è andato bene. A detta di alcuni benissimo. La domanda "infanzia del movimento operaio o sua anima profonda e dimenticata?" ha trovato risposta. Il mutualismo è addirittura la fase matura della democrazia ed è la miglior difesa dal suo nemico mortale più insidioso (tanto più insidioso perché interno): l'apatia. E' il legame, e il legante, fra uguaglianza e libertà, così, finora, tragicamente separate: quella "fratellanza" sempre mancata all'appello. Se non fosse che noi non contiamo nulla, potremmo dire che il nostro scancagnato convegno poteva essere "una data" della sinistra. Comunque, sul crocevia (Pino Ferraris l'ha chiamato "il corto circuito") fra "buone pratiche di cittadinanza" e "altra tradizione", esemplificato dall'Almanacco (dove, dopo aver raccontato di case agli immigrati e lotta al dolore con morfina, si tirano fuori "quelli a cui le buone pratiche sarebbero piaciute", Stuart Mill e Osvaldo Gnocchi Viani) val la pena di attestarsi a lavorare. A presto, prestissimo. Vogliamo su questo discutere, raccogliere riflessioni, preparare bene l'appuntamento di novembre.