André Glucksmann, filosofo, polemista e scrittore, è stato più volte intervistato dal nostro giornale. Intervenuto in Francia e in Italia sulla guerra contro Milosevic, lo abbiamo intervistato per illustrare meglio la sua posizione sulla vicenda del Kosovo e sul senso della guerra attualmente in corso.

Quand’è che è giusto ricorrere alla guerra per fermare un dittatore? I micro-nazionalismi purtroppo sembrano diffondersi...
Non si tratta tanto di lottare contro un micro-nazionalismo, si deve fermare un crimine contro l’umanità. E si è in presenza di un crimine contro l’umanità quando qualcuno viene ucciso per la sola ragione che è nato, non per quello che può aver fatto. E’ quanto diceva André Frossard, che fu amico di diversi pontefici, in occasione del processo a Klaus Barbie, il boia di Lione. Gli albanesi, che rappresentano il 90% della popolazione del Kosovo, sono perseguitati, assassinati, cacciati via, deportati, espulsi e dispersi unicamente perché non sono nati serbi. Allo stesso modo degli ebrei, colpiti perché non erano nati "ariani". Quindi siamo in presenza di un crimine contro l’umanità vero e proprio. Poiché la sola colpa che i neonati, i vecchi, gli adulti kosovari hanno commesso è quella di essere venuti al mondo da genitori non serbi.
Ed è un simile crimine contro l’umanità, assolutamente spaventoso per le sue dimensioni, il più grande avvenuto in Europa a partire dal secondo dopoguerra, che bisogna fermare. Ecco cosa è in ballo oggi in Kosovo.
In Italia si discute molto sul perché sia stata la Nato a intervenire militarmente e non, invece, l’Onu. Lei che cosa ne pensa?
Nel momento in cui viene scatenata una guerra contro i civili, solo chi è in grado di intervenire in modo efficace ha il dovere di intervenire. L’Onu non ha fermato il genocidio in Cambogia tra il 1975 e il 1978, né ha fermato il genocidio in Ruanda nel 1994, né, tantomeno, ha fermato gli otto anni di guerra condotta da Milosevic in tutta la Jugoslavia.
Da Vukovar, città rasa al suolo nel 1991, a Sarajevo, città assediata per due anni, fino a Srebrenica, città sterminata nel 1995, l’Onu ha dimostrato ampiamente la propria impotenza.
Dunque, voler delegare all’Onu il compito di salvare le popolazioni del Kosovo significa accettare il fatto che queste popolazioni vengano assassinate. Non si possono delegare le proprie responsabilità a un’organizzazione che ha dimostrato più volte, e in tragiche circostanze, la propria incapacità a fermare tanto dei massacri in corso, quando ce ne sono stati -e ce ne sono stati solo due dopo la fine della seconda guerra mondiale- quanto dei genocidi.
Si parla molto di genocidio per il Kosovo. Lei reputa legittimo l’uso di questa definizione per quello che sta succedendo?
Io ho parlato di crimini contro l’umanità. Spero che in Kosovo non si sia già arrivati al genocidio. Bisogna essere molto precisi nei termini che si utilizzano. Quattro sono stati i genocidi avvenuti nel corso del XX secolo: quello degli armeni, quello degli ebrei e degli zingari, quello dei cambogiani e quello dei tutsi in Ruanda. Ma, ovviamente, i massacri di popolazioni civili sono stati molto di più. In Kosovo si stanno verificando gravi crimini contro l’umanità, dove si riscontrano metodi apertamente genocidari, come l’assassinare i maschi adulti con un colpo alla nuca o a colpi di pugnale per la sola ragione che sono maschi e adulti, nient’altro. Come, per esempio, gettare in strada i malati ricoverati, svuotando gli ospedali in pochi minuti. Questi sono propriamente dei metodi cambogiani utilizzati dai khmer rossi al momento della presa di Phnom Penh nel ’75, o dai miliziani hutu nel Ruanda nel ’94. Quindi, in Kosovo siamo in presenza di pratiche e di metodi genocidari, ma non ancora di un genocidio vero e proprio. In ogni caso, comunque, bisogna assolutamente fermare tutto ciò.
Si sostiene che l’intervento degli Stati Uniti non sia dettato da motivazioni umanitarie, ma da ragioni di egemonia planetaria. Lei che ne pensa?
Io penso che tutti i dibattiti che non riguardano la necessità di salvare i bambini che si trascinano nel fango e nel sangue, che muoiono nelle foreste del Kosovo, sono dei dibattiti inumani e scandalosi. Quando le truppe comuniste del Vietnam comunista sono intervenute per fermare il genocidio in corso in Cambogia, nel 1978, si discusse nello stesso modo in cui molti stanno discutendo adesso. Di fatto, però, tutte le autorità inter ...[continua]

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