Sarah Walzer dirige il Parent-Child Home Program (Pchp); già consulente del Segretario aggiunto per la legislazione del Dipartimento americano della Sanità e dei Servizi sociali, si è occupata di iniziative legislative e finanziamenti per i programmi di prima infanzia e violenza domestica, riforma del welfare e programmi di lotta all’abbandono scolastico.

Qual è la storia del "Parent-Child Home Program”?
All’inizio degli anni Sessanta, Phyllis Levenstein, psicologa clinica della Columbia University, iniziò a interessarsi al problema degli abbandoni scolastici. Fece un progetto nella comunità di Long Island, nella periferia di New York, con i ragazzi che non arrivavano a diplomarsi, ma il programma non ebbe molto successo. Dopo vari esperimenti sul campo, concluse che affinché l’intervento fosse efficace bisognava intervenire con i bambini piccoli e poi occorreva coinvolgere i genitori. Il programma nacque così.
Il problema di una tale iniziativa è che bisognava attendere 16 anni prima di poter misurare il tasso di abbandono scolastico e il raggiungimento o meno del diploma. Ecco, oggi possiamo dire che i risultati si vedono.
Una delle prime conquiste del programma fu l’instaurarsi di una migliore comunicazione tra genitori e bambini. Nelle famiglie a basso reddito, infatti, spesso il vocabolario è limitato, c’è poco dialogo, oltre al fatto che in casa non ci sono libri. Di conseguenza, i bambini entravano a scuola con competenze di lettura e scrittura molto limitate. Con l’avvio del programma emerse che le percentuali di successo degli studenti che lo avevano seguito erano pari a quelle dei giovani della classe media americana. Erano gli anni Ottanta e il tasso di diplomati per i bambini della classe media era dell’84%. Bene, i bambini che avevano partecipato al programma stavano facendo altrettanto bene. Non solo, il numero di diplomati era del 30% più alto rispetto a un gruppo di controllo statistico formato da bambini provenienti dalla stessa comunità nel Massachusetts, dove lo studio venne eseguito.
Come funziona concretamente il programma?
Non è cambiato molto dagli anni Sessanta. Si tratta di un programma della durata di due anni, che prevede delle visite presso le famiglie da parte di un operatore socio-assistenziale adeguatamente formato e residente nella stessa comunità e da incontri individuali con il tutore del bambino, che spesso, ma non necessariamente, è la madre; non è inusuale che siano i padri o i nonni a diventare i tutori, per esempio nel caso di abuso di sostanze stupefacenti da parte dei genitori o nel caso di famiglie di migranti o di genitori che lavorano tutto il giorno.
L’operatore va a trovare la famiglia due volte alla settimana. Le visite durano mezz’ora ciascuna, in parte perché progettate sulla soglia di attenzione di un bambino di due anni, in parte perché l’idea era di non portare via troppo tempo ai genitori.
Nella prima visita settimanale, l’operatore porta un regalo alla famiglia, che può essere un giocattolo o un libro per bambini e che verrà usato per le varie le attività, che siano di lettura, gioco o conversazione. I libri sono scelti con grande attenzione, in modo che possano essere di facile lettura anche per i genitori. Spesso anche loro hanno limitate capacità e in questa fase cerchiamo di dimostrare loro che non servono grandi doti per seguire il programma: possono ad esempio osservare le immagini del libro e illustrarle al figlio. Non sempre si riescono a reperire libri per bambini nella lingua dei genitori (oggi stiamo lavorando con più di cinquanta lingue differenti) per cui le illustrazioni sono molto importanti. I giocattoli sono quelli che un bambino troverebbe in una scuola per l’infanzia di buon livello: blocchetti di legno, puzzle, materiale per disegno, ecc. Ci sono anche strumenti musicali. Tutti ottimi materiali per lo sviluppo cognitivo e del linguaggio, al pari dei libri. Tra l’altro, i genitori con una scarsa scolarizzazione sono più a loro agio nell’utilizzare i giocattoli rispetto ai libri.
Dicevi che il programma dura due anni…
Il corso dura due anni con un minimo di ventitré settimane di visite all’anno. Il motivo è che il programma negli Stati Uniti originariamente si basava sul calendario delle scuole, quindi da settembre a maggio. Comunque alla fine del programma le famiglie avranno avuto 92 visite. Il secondo anno del programma si concentra sulla preparazione del bambino allo stare in classe e quindi a co ...[continua]

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