Un concetto, quello di rifugiato, che in questi decenni si è evolutao e che necessiterebbe di una rielaborazione che tenesse conto di situazioni che la Convenzione di Ginevra non aveva previsto, a partire dalla figura dei migranti ambientali; il problema della mancanza di una politica migratoria europea e la difficoltà di governare i flussi in assenza di canali sicuri e legali; le preoccupazioni per la fine della protezione umanitaria. Intervista a Mario Morcone
Mario Morcone, già capo gabinetto del Viminale, in precedenza ha ricoperto l’incarico di Capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, di Capo dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile; è stato inoltre direttore dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata nonché amministratore dell’Onu in Kossovo nell’immediato dopoguerra. Oggi è direttore del Cir, Consiglio italiano per i rifugiati.
Vorremmo partire dalla questione dei rifugiati: oggi è in corso un dibattito attorno all’opportunità di estendere questo concetto.
La Convenzione di Ginevra, il trattato multilaterale delle Nazioni Unite che definisce chi è un rifugiato, risale al 1951. Parliamo pertanto di un concetto che in questi decenni si è necessariamente evoluto, anche in relazione a uno scenario che è cambiato: non abbiamo più l’iraniano o il bielorusso che scappa; ci sono invece sempre più fasce di persone che vivono una condizione drammatica determinata da vicende politiche, stati falliti, episodi di violenza, ma anche eventi naturali, l’alluvione, la carestia, per le quali sostanzialmente il confine tra il rifugiato e il migrante economico si è fatto sempre più sottile. Bisognerebbe sicuramente rivedere in maniera propositiva la definizione di rifugiato così come la intendiamo. Ovviamente però questa non è un’operazione facile perché necessita del consenso dei paesi che dovrebbero poi far proprio questo nuovo concetto.
In tutto questo, noi però abbiamo un faro che è l’articolo 10 della nostra Costituzione, che già dà una definizione di rifugiato molto più ampia di quella indicata dalla Convenzione: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”. Naturalmente questo grande valore sancito dai costituenti avrebbe bisogno di una specificazione attraverso una normativa primaria, una legge vera e propria. Questa è una vecchia discussione.
Va poi ricordato che di fatto il tema dell’asilo è ormai sottratto alla nostra sovranità, si è spostato a livello europeo, dove però, come sappiamo, oggi vige una grande confusione e un contrasto tra posizioni profondamente differenti.
Oggi chi può chiedere asilo nel nostro paese? E cosa cambia con il venir meno della protezione umanitaria?
È proprio questo il punto. Noi avevamo cercato, se ci vuole anche con uno spazio di discrezionalità eccessiva, di rimediare alla rigidità della schematizzazione di cui parlavamo, attraverso questo spazio di flessibilità che è la protezione umanitaria, che andava a coprire quelle situazioni dove non era nettissima la condizione di rifugiato o di protetto sussidiario, ma dove comunque avevamo a che fare con persone che, in base ai valori della nostra Costituzione, avevano diritto ad un’accoglienza da parte nostra. Parliamo appunto di persone in fuga da situazioni di grave instabilità politica, di violenza, di mancato rispetto dei diritti umani, carestie, disastri ambientali, ecc.
Oggi si tende a fare un passo indietro e a dire che quello è un migrante economico.
A questo va aggiunta un’altra considerazione e cioè che da molti anni ormai non è previsto in Italia un canale di ingressi regolari. Il risultato è: aumento del traffico di esseri umani, irregolarità sul territorio e morti nel Mediterraneo. Credo che tutto questo andrebbe rivisto con un minimo di lungimiranza, senza pensare alle elezioni europee o a quelle dell’Abruzzo o della Sardegna, ma con un minimo di attenzione al bene di questo paese
Oggi chi arriva nel nostro paese?
Gli immigrati arrivano soprattutto dai paesi del nord Africa; dal corno d’Africa, attraverso il Sudan, arrivano eritrei e qualche somalo; dal West Africa arrivano gambiani, senegalesi, forse quelli che, tra virgolette, avrebbero meno diritto, ma anche qui valgono sempre e solo valutazioni individuali, mai collettive, e poi ci sono nigeriani e sudanesi. Prevalentemente sono queste le etnie che, attraverso il Niger, risalgono in Libia e da lì arrivano sulle nostre coste. Poi c’è un trafilamento costante di tunisini e anche di qualche algerino che arriva in Sardegna.
C’è stato un periodo
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