Andrew Arato insegna Teoria Politica alla New School di New York.

Il giorno dopo l’elezione di Trump, tutti si sono chiesti com’è potuto succedere.
È stato già detto e scritto tanto in proposito. Sicuramente Hillary Clinton era un candidato debole, vulnerabile, senza troppo carisma. Trump è stato eletto prevalentemente da due corpi elettorati distinti, ma in parte sovrapposti, tra cui erano presenti anche molte donne bianche. Da una parte ci sono i blue collars, la classe operaia, da tempo in difficoltà per la crisi economica; dall’altra parte abbiamo invece una parte della popolazione, casomai senza problemi economici, che era apertamente ostile alla politica identitaria espressa dal Partito democratico. I democratici si sono focalizzati infatti su ogni singola identità (afro-americani, latinos, Lgbt, ecc.), eccetto quella bianca, e in particolare i maschi bianchi. Così questi ultimi si sono sentiti completamente esclusi dal discorso. Trump invece è riuscito a creare una politica identitaria proprio per loro. Sia chiaro, queste persone non avrebbero comunque votato per i democratici. La classe operaia, al contrario, avrebbe potuto scegliere i democratici se solo questi avessero avuto la capacità di affrontare le questioni che stanno loro a cuore. E invece si sono avvitati in discussioni sulla persona di Trump, i suoi difetti, le sue disavventure sessuali, e lui ha adorato tutto questo perché gli è servito per rafforzare la sua politica identitaria "bianca”: più lo attaccavano, più la gente insofferente verso il "politically correct” decideva di votarlo.
Dunque c’è stata una convergenza tra questi due grandi corpi elettorali, con in più una campagna, quella dei democratici, del tutto inadeguata. Ecco, credo sia questo il quadro generale.
Ora, naturalmente si parla molto del fatto che Hillary Clinton ha vinto il voto popolare con un margine del 2%, quasi tre milioni di voti. In effetti la partita si è giocata in tre-quattro stati, Florida, Wisconsin, Michigan e Pennsylvania. Tuttavia, va riconosciuto che la squadra di Clinton non ha lavorato bene, specialmente negli stati del Midwest. Semplicemente, non ci sono andati abbastanza e non hanno capito quali erano le preoccupazioni della gente. Errori che si sono rivelati fatali in quegli stati. Ecco, è più o meno questa la storia.
A far vincere Trump è stato anche un numero crescente di persone ostili al "sistema”, per buone e cattive ragioni. Per loro Hillary Clinton era una figura di continuità con l’establishment. Certo è un aspetto curioso, perché invece Obama ora è molto popolare, la sua popolarità è in crescita.
Hai parlato del sistema. In un certo sento anche Obama era considerato eccentrico rispetto all’establishment di Washington. Ora Trump, anche se in maniera completamente diversa, è di nuovo una figura eccentrica. C’è un problema con l’establishment?
È evidente che qui la critica all’establishment non è propriamente marxista: la squadra "anti-establishment” di Trump è composta da almeno quattro persone con patrimoni personali miliardari. Insomma, l’establishment economico sembra contare poco, conta solo quello politico, e direi anche quello dei media. L’establishment dei media, con alcune eccezioni -Fox News e altri- ha apertamente sostenuto Clinton, e spesso con buoni argomenti. C’è anche un diffuso risentimento verso gli esperti, gli intellettuali, i giornalisti di alto profilo. Queste persone sono stufe di sentirsi dire cosa è giusto fare. Sono anche piene di rabbia perché non hanno potuto avere lo stesso livello di istruzione, né le stesse possibilità di chi li guarda dall’alto in basso, di chi disprezza le loro opinioni. Che poi non è che leggano i grandi quotidiani, e però ascoltano la tv, guardano internet e quindi sanno bene cosa questi media pensano di Trump, e si ribellano.
Stiamo assistendo a una crescente reazione anti-establishment, anti-elitaria. Certo, ripeto, questo populismo che apparentemente non se la prende con i miliardari dà da pensare. Nella campagna di Bernie Sanders, la parola "miliardari” era pronunciata continuamente, e in effetti, nelle audizioni al Congresso dei nuovi ministri, Sanders ha apertamente chiesto a Betsy DeVos, Segretario dell’Istruzione: "Avrebbe ottenuto questo incarico se non fosse miliardaria?”. Ecco, nell’idea dei sostenitori di Sanders (anch’essa in qualche modo populista) l’élite sono i miliardari e i funzionari di Washington da loro appoggiati. Non è esattamente la st ...[continua]

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