Rosalba Gerli, psicologa, psicoterapeuta, responsabile del Servizio Psicologico Disagio lavorativo e Mobbing presso Cisl Milano Metropoli; ha pubblicato Filottete e gli Achei. Un’esperienza di gruppo con persone vittime di mobbing o con disagio lavorativo in Lavorare con il gruppo specializzato. Teoria e clinica, a cura di Mirella Curi Novelli, Franco Angeli, 2010.

Lei si occupa di persone con disagio lavorativo e lo fa soprattutto attraverso i gruppi. Perché è importante costruire una dimensione di gruppo?
Perché il disagio lavorativo non è esclusivamente un problema della persona che arriva qui col suo malessere, la sua sintomatologia, la sua patologia; il suo sintomo chiama sempre in causa anche la patologia di un gruppo inteso in senso lato, che può essere il gruppo di lavoro, il gruppo azienda, o anche la collettività.
Spesso le persone arrivavano qui nella loro solitudine, nella loro difficoltà ad affrontare le cose, con un senso di vergogna. Per me è importante avere la prospettiva di quello che avviene nel loro mondo interno, ma anche di quello che mi portano rispetto al contesto. Chi si presenta parla di un problema come fosse solo suo, invece, approfondendo, si scopre magari che è un problema comune a tante altre persone nella sua azienda. Una signora impiegata in una fabbrica metalmeccanica era convinta di essere mobbizzata perché dopo essere rimasta a casa un mese in malattia (proprio per problemi legati al sollevamento di pesi), al rientro l’azienda aveva cominciato a fare pressioni. Ecco, andando a sondare è emerso che questa modalità veniva attuata con tutti. Quest’azienda addirittura arrivava a stilare delle classifiche annuali, dove veniva messo al primo posto chi aveva fatto meno assenze e poi la lista nera di quelli che avevano fatto più assenze. Non solo: ogni volta che le persone stavano in malattia venivano chiamate in ufficio dove venivano chieste spiegazioni in violazione di ogni privacy. In quel caso, abbiamo deciso di fare un incontro con il sindacalista, in cui abbiamo coinvolto anche i colleghi della Cgil e abbiamo fatto due assemblee con tutti i lavoratori da cui sono emerse quelle che erano delle caratteristiche della cultura aziendale, il clima organizzativo e il disagio di molti lavoratori.
In altri casi, c’è proprio un problema del gruppo di lavoro che può crearsi dopo una fusione aziendale o altri eventi che possono destabilizzare l’equilibrio del gruppo, oppure per motivi imputabili a una molteplicità di fattori diversi. Guardi, il solo fatto di poter condividere e sentire che le problematiche non sono personali ma -anche se in forme diverse- collettive, cambia radicalmente la visione. In alcuni casi già le sintomatologie diminuiscono o scompaiono.
Quali sono i sintomi del disagio lavorativo?
Gli attacchi d’ansia e le crisi di panico sono i sintomi principe, associati a varie gradazioni della depressione. Le sindromi ansiose depressive sono poi costellate da tutto un corollario di sintomi psicosomatici, che vanno dai disturbi gastrointestinali, ai dolori muscolari, alle cefalee, ai disturbi dermatologici; poi ci sono i disturbi del sonno.
Come si manifesta la sintomatologia e come si trasforma in patologia dipende molto dalla struttura di personalità, dal momento di vita e dalle risorse di cui si dispone in quel momento, sia a livello personale che sociale. Poi c’è la questione dell’introspezione, del riconoscimento del problema, che è fondamentale. Gli incontri possono servire a far uscire una domanda terapeutica che quando arrivano non c’è. Vengono qua perché stanno male, portano un sintomo; la costante è che il problema è "fuori”.
Arrivano al sindacato con l’aspettativa di un risarcimento stratosferico e con la pretesa di riportare le cose come prima, quindi risolvere magicamente il problema, che è esterno, e così far scomparire la loro sofferenza. È chiaro che effettivamente c’è un problema oggettivo, esterno, eccetera, ma la reazione è sempre soggettiva, quindi è molto importante capire il significato che tutto questo assume rispetto alla propria storia personale e al proprio mondo interno.
All’inizio ci sono degli schemi molto rigidi e c’è molta aggressività: il mondo è diviso in buoni e cattivi, in nemici e amici, non si riescono a vedere le sfumature e quindi neanche le possibilità che ci potrebbero essere. Più un’identità è in crisi, più si erigono delle difese rigide, che da un lato proteggono ma dall’altro ingabbiano.
Sono significativ ...[continua]

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