Tiziano Treu è Vicepresidente della 11ª Commissione permanente (Lavoro, previdenza sociale) del Senato.

All’indomani dell’accordo su Pomigliano si è manifestato un certo allarmismo per la cosiddetta "deriva cinese”, ovvero per la messa a repentaglio di diritti fondamentali. Lei cosa ne pensa?
Io penso che intanto sia sbagliato fare dell’allarmismo. Poi il caso di Pomigliano è molto particolare perché c’era una situazione anomala di assenteismo e c’era anche una situazione anomala di scioperi che di fatto rendevano impossibile lo straordinario.
Allora già queste due cose in realtà non ci sono in altre parti. L’assenteismo in condizioni normali in migliaia di aziende viene controllato responsabilmente sia dall’impresa sia dallo stesso sindacato. Senza andare all’estremo di punire tutti. Perché la Fiat ha preso questi provvedimenti? Perché è una situazione anomala. Certo è che si doveva prevenire questo assenteismo eccessivo, perché sennò non solo non si compete con la Polonia, ma neanche con la Germania!
E così la storia degli straordinari: se c’è bisogno di alcuni sabati di straordinario per fare determinate produzioni, lo si fa, ovviamente concordandolo. Forse Marchionne ha tirato troppo la corda, poteva avere un po’ più di pazienza, però alla fine, se uno si impegna a fare dei sabati di straordinario, poi bisogna farli. Oggi la concorrenza ci costringe a essere tutti più rigorosi. Non ci si possono permettere queste anomalie.
La Fiom ha incentrato la sua battaglia sulla messa in discussione dei diritti individuali e del contratto nazionale in materia di malattia e diritto allo sciopero.
Sono cose che secondo me si possono benissimo risolvere controllando bene (come fanno centinaia di aziende, dove c’è anche la Fiom) e non semplicemente denunciando la cosa.
Nell’accordo è prevista una commissione, la si faccia. Io l’ho anche scritto: si riapra il tavolo anche con la Fiom, si faccia una commissione per controllare che questa cosa non venga strumentalizzata. In modo che si colpiscano gli assenteisti sul serio.
L’altro giorno noi abbiamo fatto una discussione in sede di partito. Il vero problema ora è come organizzare al meglio l’investimento, affinché sia produttivo e anche i turni (che sono una cosa complicata) vengano gestiti meglio.
Questo è un discorso che va fatto. Qualcuno infatti dice: si poteva organizzare meglio senza arrivare a questi estremi, le pause ridotte, ecc., che sono tutte cose che si possono discutere. Però, sia chiaro, io non difendo gli assenteisti o quelli che non adempiono ai patti.
Nel nostro paese prevale una mentalità antagonista nelle lotte sindacali. In America, ma anche in Germania, c’è una cultura diversa.
Se si vuole battere la concorrenza cinese, la si batte con la collaborazione, con una produttività fatta bene, in cui tutti sono convinti che si deve remare nella stessa direzione, sennò è chiaro che alla fine perdiamo. E, attenzione, perdiamo tutti.
Prendiamo Melfi, che è lì vicino. Bene, è considerato uno degli stabilimenti più produttivi al mondo. Evidentemente c’è una buona organizzazione. Eppure ci sono stati anche lì dei fenomeni conflittuali, però sono stati superati. Bisogna fare la stessa cosa.
Sulla questione del diritto di sciopero, Sergio Bologna è recentemente intervenuto facendo notare che era curioso scandalizzarsi tanto per Pomigliano, quando oggi milioni di lavoratori, i precari, ma anche gli autonomi, le partite Iva…
Sono d’accordo: il primo problema oggi è estendere i diritti a chi non ce li ha. Tra l’altro a Pomigliano nessuno impedisce di scioperare per i motivi giusti. Quello che si vieta è di scioperare quando si è preso l’impegno di lavorare il sabato per stare dietro alla produzione.
Lei ha presentato uno statuto dei lavori autonomi.
Ho depositato un disegno di legge. Il principio è quello che dicevo prima. Noi abbiamo dei diritti per i lavoratori tradizionali. E va bene. Li usino in modo responsabile e meno conflittuale, però vanno bene, nessuno li vuole toccare. Però poi ci sono un milione e mezzo di precari che non hanno ammortizzatori. Ci sono i lavoratori autonomi -che sono anch’essi colpiti dalla crisi- che non hanno ammortizzatori. Questa è la vera battaglia da fare. Prioritariamente. Noi vogliamo sostenere questo allargamento dei diritti anche per questi gruppi nuovi, che tra l’altro sono spesso fatti da giovani.
Qui c’è anche un ritardo della sinistra.
Certamente. Quando ho scritto questo disegno l’ho riconosciuto: purtroppo noi per molti anni ci siamo occupati solo del lavoratore Cipputi. Adesso però questi lavoratori sono diventati talmente tanti, e talmente importanti anche, che dobbiamo occuparcene.