Negli ultimi mesi hai girato per alcune località delle regioni "rosse” dove la Lega ha sfondato. Puoi raccontare?
L’idea della ricerca è nata all’indomani delle europee del 2009 in cui la Lega aveva ottenuto tassi importanti anche in luoghi inaspettati. In particolare mi aveva incuriosito l’elezione a Vaiano, vicino a Prato, di Claudio Morganti, il primo eurodeputato leghista toscano. Ma poi, spulciando qua e là nei risultati, uscivano dei dati molto strani, località mai sentite: Badia Tedalda, un paesino che non sapevamo neanche dove fosse, era passata dallo zero virgola al dodici per cento; in tre comuni del pisano, Volterra, Pomarance e Castelnuovo Val di Cecina, dopo 60 anni di dominio incontrastato della sinistra o del centro-sinistra avevano vinto liste civiche di ispirazione leghista o comunque appoggiate dalla Lega.
Insomma, era un fenomeno nuovo e allora ero partito per cercare di capire cosa fosse successo. A Badia Tedalda avevo trovato la risposta quasi subito, nella bacheca esterna al Comune. In assenza di qualsiasi radicamento della Lega Nord, ad un certo punto in un albergo locale erano stati smistati da Lampedusa una quarantina di immigrati provenienti dall’Eritrea. La popolazione era caduta in preda al panico: "Ci attaccheranno la malaria” e il medico a spiegare che la malaria non passa da uomo a uomo, ci vuole il vettore, la zanzara, e allora: "Ci attaccheranno la scabbia”, insomma una situazione di caos, paura e disorientamento. Alle elezioni, avvenute di lì a poco, la Lega aveva spopolato.
L’altra situazione, quella pisana, si era rivelata anch’essa emblematica. Avevo deciso di andare a trovare Andrea Barontini, senza conoscerlo, dopo aver letto un trafiletto sul Tirreno in cui veniva considerato l’artefice di queste vittorie. Ebbene, Barontini, l’organizzatore della Lega Nord locale, mi aveva ricevuto nel circolo Arci di Putignano ("Ho la tessera dell’Arci e della Cgil, sono ancora delegato”). Sia il nonno che lo zio erano stati due famosi partigiani toscani, tant’è che lui diceva: "Spero che il mio nonno non si rivolti nella tomba, ma mi sento in continuità con lui perché tutti e due liberiamo l’Italia dagli stranieri”.
Le premesse per continuare il viaggio c’erano dunque tutte.
Sono partito dalla Toscana perché era lì che la Lega aveva avuto risultati inediti. Alle ultime regionali c’è stata peraltro un’ulteriore crescita, si è passati oltre il 6% con i primi due eletti al consiglio regionale. In Emilia era dal 2008 che c’erano delle aree che si stavano "leghizzando”.
L’ipotesi, l’idea era che quello tosco-emiliano fosse un leghismo un po’ diverso da quello tradizionale lombardo-veneto. In particolare mi interessava capire quanti fossero i transfughi da tradizioni, storie personali e familiari di sinistra. In effetti, un po’ in tutte e quattro le regioni rosse che ho indagato, assieme ad altre componenti (i delusi da An, traditi dal malcompagno Fini che ha aperto al voto agli immigrati, ma anche i monarchici, i repubblicani in Romagna), ho riscontrato una forte componente di ex militanti o simpatizzanti di sinistra.
Il dato che inizialmente mi ha stupito di più era la continuità che molti di questi personaggi cercavano di attribuire alla loro storia politica, cioè quasi nessuno mi ha detto: "Oh, come mi sono pentito, che stupido ero da giovane”. Al contrario, nella loro ricostruzione era come se la Lega fosse l’ultimo partito di sinistra.
I leghisti infatti ci tengono molto a dire: "Noi siamo come il vecchio Pci, siamo radicati sul territorio, abbiamo le sezioni, il gazebo”. In realtà, più che l’aspetto dell’organizzazione del partito, a me sembra che la loro forza stia nell’abilità di raccogliere la rabbia, la paura, un senso di ingiustizia anche, declinandole però in una lotta tra poveri, degli italiani contro gli immigrati.
Ho trovato anche personaggi piuttosto caratteristici, come uno di Livorno che tiene il busto di Lenin in salotto e teorizza una continuità tra il marxismo-leninismo e il pensiero di Bossi. Ma senza arrivare ai casi estremi, tanti leghisti, anche in Emilia, promuovono temi cari a un elettorato di sinistra, per cui diffidano delle sirene liberiste e puntano sulla sicurezza sociale e sulla difesa del welfare, ovviamente "alla leghista”, cioè in buona sostanza dicono: il welfare state è a rischio perché ci sono t ...[continua]
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