Anna Moreno vive a Napoli, è ingegnere chimico e lavora all’Enea.

Per una donna che vuole fare il mestiere dell’ingegnere e vuole anche partorire e allevare dei figli -io ne ho quattro-la prima cosa da fare è non contare assolutamente sullo Stato e i servizi che esso ti offre sulla carta. Se uno ha degli impegni di lavoro, non può permettersi di confidare nel fatto che gli asili nido, le scuole e tutti gli altri servizi funzionino. Capita spesso che asili e scuole siano chiusi per sciopero, per disinfestazione, o perché quel giorno mancano i supplenti. Se per quel giorno hai organizzato una riunione con ospiti che vengono da tutta Europa, non ti è possibile rimandare la riunione. Partendo da questi presupposti, mi sono creata un’alternativa tenendo una ragazza alla pari in modo da poter far fronte alle carenze dei servizi. Il Comune di Roma può evadere la richiesta del 2% dei bambini aventi diritto: su 100 bambini dunque 98 devono stare a casa. Poiché i nidi sono costosi, il Comune cerca di risparmiare in tutti i modi, per cui all’inizio dell’estate chiudono quasi tutti e i bambini vengono trasferiti nei pochi rimasti aperti. Poi, dato che il lavoro è obiettivamente pesante, dopo qualche anno il personale cerca altre sistemazioni, e così attualmente il 50% degli addetti sono supplenti: questi però possono essere mandati via in qualunque momento, perché si applica il criterio del rapporto da uno a sei. Ogni giorno fanno una verifica telefonica e se quel giorno il rapporto numerico è inferiore, i supplenti vengono mandati via, e i bambini si trovano con figure sempre nuove. Ancora: le assistenti stanno cercando di avere un contratto simile a quello delle scuole materne, per cui già quest’anno hanno smesso di lavorare il 15 luglio anziché il 30: la seconda metà di luglio è stata quindi di nuovo coperta con supplenti. Ma non è tutto, poiché il Comune non vuole assumere queste supplenti, sta bene attento che non facciano più di 180 giorni all’anno, e questi 180 giorni scadono in genere proprio a luglio, per cui le supplenti devono rinunciare all’incarico, ed è di nuovo una girandola di facce nuove per i bambini, che sono spesso di pochi mesi, non sanno parlare, chiedere, si trovano in difficoltà. L’asilo nido annesso all’Enea non è allacciato alla rete idrica e viene alimentato ogni giorno con l’autobotte, che almeno una volta al mese non arriva per tempo, per cui dall’asilo ci telefonano di andare a prendere i bambini. C’è poi lo spauracchio degli allontanamenti: quando il bambino ha la febbre alta o più scariche di diarrea al giorno viene allontanato, e può essere ripreso solo con certificato del pediatra del nido o del medico curante. Siccome i pediatri non è che ci sono tutti i giorni, ti conviene farti fare il certificato di guarigione quando il bambino è ancora ammalato, altrimenti sono altri giorni che si consumano in attesa di un appuntamento.

Quando la mia prima figlia aveva nove mesi mi è capitato di andare in Belgio per lavoro. Il mio capo, per dimostrare che io, come donna, non potevo fare l’ingegnere, mi aveva detto “ti lamenti sempre che non ti faccio fare niente: ti dò l’opportunità di andare due mesi in Belgio, ci vai o hai dei problemi?”. “Ho dei problemi ma li risolverò” ho detto io. Ho telefonato in Belgio e mi hanno detto che c’era un nido disponibile, chiedendomi un semplice certificato di frequenza del nido in Italia. Così sono partita con la bambina, con grande dispiacere del mio capo, il quale, così sicuro che avrei rinunciato, aveva già promesso la stessa cosa ad un collega maschio. Dopo due settimane la bambina si è ammalata; il pediatra del nido ha verificato che era semplice influenza e ha prescritto uno sciroppo. “Quando la posso riportare?” ho chiesto. “Che significa?” ha detto lui. “Sta male, la devo tenere a casa”. E lui “ma scusi, lei deve lavorare?”. “Certo, sono qua apposta”. “E allora la lasci qua e vada tranquilla, se c’è qualche problema le assistenti la chiameranno”. Ecco, in Italia questa sicurezza e tranquillità psicologica non è mai garantita, per cui la maggior parte dei genitori cerca un’alternativa privata: molti, anche nel settore della ricerca, preferiscono stare a casa, con aspettative non retribuite o inventandosi esaurimenti nervosi. Altri come me si ostinano a voler utilizzare i servizi pubblici, anche se alla fine i sensi di colpa per non passare abbastanza tempo coi figli vengono a tutti. Anzi, da parte delle donne che scelgono di non utilizz ...[continua]

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