Giuliano Cannata, ingegnere, insegna Pianificazione di bacini all’Università La Sapienza di Roma. E’ tra i fondatori della Lega Ambiente.

Da molto tempo tu ti occupi dei regimi delle acque e sei andato in Piemonte dopo l’alluvione, vorremmo sapere la tua opinione su quanto è successo.
Purtroppo non c’è niente di tanto strano da capire o da arzigogolare, sono cose che ormai tutti dovrebbero sapere. A tutti quelli che si occupano di questi problemi ha fatto impressione il fatto che non abbia funzionato la cosiddetta “allerta rapida”, che è uno dei nodi canonici dei sistemi di protezione civile. Nei casi di alluvione l’allerta rapida si fonda sul fatto che tra una pioggia, anche straordinaria, eccezionale, e l’alluvione passano un certo numero di ore. Nel caso del Piemonte sono passate almeno 16-18 ore. Un’altra cosa che stupisce e aggiunge rabbia al dolore, alla costernazione, è il fatto che quasi tutte le morti sarebbero state evitabili con estrema facilità. Una cosa che sorprende molto la gente, ma non sorprende coloro che si occupano di fiumi, è che la maggioranza dei morti affoghi in pochi centimetri d’acqua, il che è inaccettabile. In Piemonte, su quasi 70 morti, più di 50 erano in macchina. Una persona sta in macchina, a un certo punto si spaventa, la macchina è ferma, esce, l’acqua che scorre nella strada la fa inciampare, cade e finisce per affogare in 50 centimetri di acqua. A posteriori è facile dire che è una cosa assurda, ma è un problema conosciuto anche a priori. Sarebbe bastato avvisare la gente di non uscire di casa i morti, invece di essere 70, sarebbero stati 20.
Quello che risulta estremamente chiaro da questa alluvione, ma anche dalle altre precedenti, è il fatto che ad un evento di pioggia tutto sommato non eccezionale, risponda un evento di piena eccezionale, addirittura fuori scala rispetto ai precedenti storici. D’altra parte, che negli ultimi anni ad uno stesso evento di pioggia corrispondano portate di fiume sempre più alte è un dato di fatto ormai risaputo e teoricamente spiegato da chi fa il pianificatore di bacini idrografici o l’ingegnere idraulico, l’idrologo. Il territorio risponde in forma sempre più rapida e quindi con sempre meno efficienza dal punto di vista idrologico alle piogge. In un libro dell’86 scrissi che, se si fosse ripetuto l’evento di pioggia che causò la grande alluvione del Polesine nel ’51, quello stesso evento, con la stessa distribuzione, concentrazione e durata di pioggia, con la stessa marea alta nell’Adriatico, lo stesso evento di scirocco, con lo stesso scioglimento precoce delle nevi, la piena, che nel ’51 era stata di 13.000 metri cubi secondo, nell’86 sarebbe stata di 16.000 metri cubi secondo. E questo per motivi dovuti solo al mutato uso del suolo nel bacino idrografico del Po, su quel territorio, cioè, di 70.000 kmq, un quarto dell’Italia, le cui acque alla fine confluiscono nel Po. Come è cambiato l’uso del suolo? Vediamolo nelle sue tre classi principali: suolo urbano, agricolo, boschivo e prativo. Negli ultimi 20-25 anni il suolo urbano è aumentato di due volte e mezzo: si calcola che, nel ’51, in Piemonte fossero urbani, cioè asfaltati e costruiti, 2.000 kmq su 25.000, oggi saranno 5.000, quindi si è passati dall’8% al 20%. Inoltre questi chilometri quadrati costruiti e asfaltati sono stati realizzati in modo da ridurre assolutamente a zero l’infiltrazione. Per esempio tutti i parcheggi sono impermeabili, tutte le fogne sono a rapido scorrimento, le acque bianche e le acque nere vanno nella stessa fogna, non esiste più reticolo naturale per le acque bianche, eccetera.
Vediamo le aree non urbane, ma coltivate. In Piemonte i kmq coltivati sono 10.000 sui 25.000 di tutta la regione. Ebbene, il sistema di coltivazione moderno, la cosiddetta coltivazione contoterzi, o comunque la coltivazione intensiva su grandi estensioni, ha finito per radere al suolo, spianare completamente il territorio e quel che è peggio è che sono tipi di coltivazioni che rendono il suolo completamente nudo nel mese di novembre.
Si vede dalle riprese in elicottero: la campagna è assolutamente nuda, non c’è un filo d’erba, in 10.000 chilometri quadrati!
E guardate che questo è un fatto assolutamente nuovo nella storia dell’uomo, non c’era mai stato un uso del suolo agricolo che lo lasciasse completamente nudo nel mese di novembre, che è quello in cui avvengono le alluvioni. Tanto per dare un dato statistico: dal ‘500 in poi tutte le alluvioni dell’Arno s ...[continua]

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