La domanda più ricorrente, più immediata, forse anche scorretta, è quella che chiede “perché Marino avrebbe dovuto inventarsi tutta questa storia?”…
Questa domanda infatti può non essere corretta perché, se da una parte è ovvia, dall’altra è una domanda sleale e spesso strumentale, perché il suo impiego porta a spostare l’attenzione dal terreno della dimostrazione se Marino ha detto la verità o no, delle prove delle sue verità o delle sue eventuali falsità a un terreno insidiosamente psicologico del “perché dovrebbe mentire”. Per esempio Craxi ha appena riusato questa domanda nelle dichiarazioni  che ha fatto a Berlino sulle presunte rivelazioni su Piazza Fontana. Ha detto: “perché il tassista Rolandi avrebbe dovuto mentire riconoscendo Valpreda?”.
Io ho provato a rispondere per la parte cui a domande di questo tipo si può rispondere, non con una perquisizione dell’anima di Marino, che mi pare non spettare né a me né a nessun altro, ma seguendo l’eventualità di ricostruire quando, come, dove e perché Marino ha detto le cose che sono poi approdate all’accusa nei miei confronti. E allora la mia risposta è che Marino prima di arrivare a formulare questa accusa ha attraversato varie fasi, ha saggiato una strada che consisteva nel cercare denaro, nel cercare aiuti e appoggi in una sua situazione di disgrazia estrema, nell’andare a promettere rivelazioni, nell’alludere, nel millantare la possibilità di confessare segreti, nel coinvolgere persone dalle quali cercava un appoggio e un sostegno in questa sua possibilità dichiarata di essere a parte di cose, eccetera eccetera... Marino e sua moglie, insomma.
Questa cosa è arrivata fino a un punto in cui le persone coinvolte in questa domanda e offerta che Marino metteva sul mercato, hanno ritenuto, man mano che si alzava la promessa di grandi rivelazioni, di cambiare gioco, di mandare qualcuno a vedere cosa effettivamente Marino stava mettendo sulla piazza. Ecco allora il senatore Bertone, al quale io dò molta importanza alla luce del fatto che Marino ha chiesto soccorso anche a lui, che lui è stato il primo col quale avrebbe parlato dell’omicidio Calabresi, il primo al quale avrebbe fatto il mio nome. Che questo colloquio sia stato con grandissima cura tenuto segreto, sia da Marino che dal senatore Bertone, a mio parere è assolutamente inspiegabile. Per un anno e mezzo, di questo colloquio precedente non si è avuta notizia e ancora al dibattimento di 1° grado Marino ha rifiutato di fare il nome della persona con cui avrebbe parlato. Questa persona è stata poi convocata come testimone solo quando io ne ho fatto il nome ai giornalisti, perché questo segreto, in realtà, era la favola del villaggio, nel “villaggio” dove Marino viveva.    Io non mi spiego tutto questo, e mi pare parte di questo territorio oscuro che loro hanno teso a coprire e che poi è esplosivamente emerso, e cioè quello dei rapporti, dei colloqui, di tutto quanto ha preceduto l’ufficiale versione di un Marino che si pente e va a confessare.
La mia ipotesi, che riassumo brutalmente ma che ha articolazioni molto più mediate e ragionate, è che Bertone (o uno analogo, non posso provare che sia stato Bertone), ha detto a Marino le cose che ha ritenuto di dire e poi ha chiamato i carabinieri e li ha mandati da Marino. Senza questa ipotesi non si spiega niente di tutte le cose inspiegabili di tutto questo itinerario, non taciuto, ma arrangiato, manipolato e falsificato. In particolare, che siano stati i carabinieri ad andare da Marino, e non viceversa, è ampiamente provato da quello che è emerso al processo e fuori.
La mia ipotesi è che Marino, il quale nello stesso periodo diceva di fare rapine perché aveva bisogno di soldi, e però di essere travagliato dal pentimento da molto tempo, si sia mosso a metà tra i suoi affari privati su un terreno illegale e un tentativo di usarli per sistemare l’estrema disgrazia, non solo economica ma anche umana, in cui erano caduti lui e la sua famiglia. E allora ad un certo punto le cose che lui stava offrendo, o le cose su cui gli altri lo avevano colto in fallo, sono diventate troppo poco per la situazione in cui si era messo. Penso che questa storia dell’omicidio Calabresi, della versione sull’omicidio Calabresi, nella famiglia di Marino, in particolare nella sua donna, fosse stata incubata fin dall’omicidio Calabresi (tutte queste storie, il biondino, “lo vedi”, “vedi come gli assomiglia”, “è proprio lui”, l’identikit, eccetera, eccetera), e naturalmen ...[continua]

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