Messina, 23 luglio 1951
carissima Pucci,
[...] Con le nuove possibilità finanziarie e il migliore indirizzo un bel lavoro di Partito ti attende al ritorno. Penso che non dovresti occuparti particolarmente del lavoro femminile ma in genere del lavoro in città che è oggi il nostro compito principale e presenta del resto aspetti importanti di mobilitazione delle masse femminili. Risolveremmo così il problema organizzativo più grave della Federazione.
Ho fatto un monte di lavori domestico-familiari. Dopo una serie di violenti combattimenti ho riportato alcuni parziali ma moralmente decisivi successi nel lavaggio di calze, fazzoletti, camice, biancheria intima e nella smacchiatura. Sono però persuaso che dai tempi del matriarcato le donne hanno felosamente custodito il segreto tecnico di tali attività produttive, formidabile strumanto di potere familiare-sociale. Non continuo. A giorni ti scriverò della casa e il resto.
Raniero Panzieri
Tratto da Lettere, 1940-1964, Marsilio, 1987
Raniero Panzieri (Roma, 1921-Torino, 1964) morì improvvisamente il 9 ottobre di cinquant’anni fa. Fu un militante socialista che riorganizzò il Psi in Sicilia e partecipò alle occupazioni delle terre; cercò le vie di una uscita da sinistra dallo stalinismo e fu condirettore di "Mondo Operaio” nel 1957-’58; poi, via via emarginato anche dalla sinistra del suo partito, si trasferì nel ’59 a Torino, dove lavorò alla casa editrice Einaudi -da cui fu licenziato nel ’63- e dette vita alla rivista e al gruppo dei "Quaderni rossi”.
Fu traduttore, insieme alla moglie Pucci Saija, di importanti testi di Marx che riproponeva per un uso militante: "un Marx riportato (…) tra le macchine, dentro le fabbriche dove salario e profitto, alienazione e conflitto vivono nell’esperienza quotidiana del lavoro” (Pino Ferraris). Sostenne l’uso critico della sociologia e il metodo dell’inchiesta, per "sfuggire a ogni forma di visione mistica del movimento operaio”. Contro il socialismo burocratico e autoritario, Panzieri vide nelle lotte operaie la tensione verso un potere "che venga direttamente e senza deleghe dal basso”, al di là del modello organizzativo leninista: "il partito diventerà una cosa del tutto nuova, e diviene persino difficile usare questa parola”. Dava una lettura politica, in termini di rapporti di potere tra le classi, di tutti quegli aspetti che vorrebbero presentarsi nella fabbrica e nella società come neutrali, tecnici, oggettivi, e per molti versi elaborò concetti che si ritrovano nei movimenti del ’68 e dei primi anni Settanta, in una eccezionale e lontana stagione di reali cambiamenti nella società (come ha sottolineato Mario Miegge nel libro di scritti e testimonianze Raniero Panzieri. Un uomo di frontiera, Puntorosso/Carta, Milano-Roma, 2005).
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