3 aprile 2013
Abbiamo partecipato al convegno nel teatro per discutere dell’opuscolo sul commento della Costituzione che abbiamo scritto.
C’erano alcune personalità, il vescovo Bertolone, la Presidente della provincia Ferro, il magistrato di sorveglianza Dott.ssa Magnavita, il professore dell’università Viscomi che insegna diritto del lavoro, la Presidente del tribunale di sorveglianza, il Prefetto di Catanzaro, la Direttrice e il professor Fiorita, che ha curato tutto il lavoro, ed è stato invitato anche il nostro amico Eugenio Masciari, che mi ha fatto molto piacere rivedere.
Io, Claudio Conte, Giovanni Farina e Marcello Ramirez, abbiamo fatto un nostro intervento. C’erano una quarantina di studenti universitari della facoltà di Giurisprudenza del 2° e 4° anno.
Tutti gli interventi delle personalità sul palco sono stati molto incisivi e significativi.
Il vescovo aveva approfondito la materia sia dell’ergastolo e sia del 41bis; ogni volta mi meravigliava. Nessuno è stato banale con discorsi di circostanza, tutti sono stati molto profondi.
Il magistrato di sorveglianza Magnavita, ha dimostrato la sua umanità. Alla fine del discorso ci ha detto di non applaudire, ma di osservare un minuto di silenzio per il detenuto che qualche ora prima si era suicidato, nelle sue parole ho percepito la commozione per una vita che non c’era più. Noi non sapevamo niente.
Il programma prevedeva un incontro unico, ma ne è uscito che questo sarà l’inizio di un discorso per costruire un ponte tra il carcere e la società, pertanto, con gioia di tutti, ci saranno altri incontri.
Sono rimasti tutti contenti che sia emerso in modo chiaro la specificità dell’ergastolo ostativo e dell’art. 4bis; se tra gli studenti c’era qualcuno che non sapeva ora sa e ne è a conoscenza. L’unica nota stonata è che ho saputo di un ricorso in Cassazione da parte di un Pm della DDA di Salerno contro il magistrato di sorveglianza Dott.ssa Magnavita per il permesso di tre ore che mi concesse il 20 novembre; quello che non capisco è su quali basi ha potuto fare un ricorso del genere, e perché l’ha fatto, eppure dei Pm in servizio attualmente non ne conosco nessuno.
Mi auguro che questo episodio non influisca sulle decisioni future della Dott.ssa Magnavita.
A prescindere da questo episodio e dal suicidio del recluso, è stata una bella esperienza, e spero si ripeta più spesso.
Ci siamo divisi i compiti negli interventi, io ho parlato del 41bis, questo è il mio intervento:
"Un saluto a tutti i presenti.
La Costituzione rappresenta la difesa dei diritti per ogni essere abitante sul territorio nazionale.
In essa sono contenuti i principi di libertà, uguaglianza e giustizia.
Purtroppo un potere trasversale nei fatti l’ha calpestata con leggi anticostituzionali che violano i diritti legittimi di ogni cittadino, come può comprenderlo anche un ignorante.
Da un ventennio il sacro diritto dell’uguaglianza è stato ridotto a merce di scambio e con aggettivi vari hanno convertito gli italiani al doppio binario sulla giustizia e sulle carceri, violando palesemente l’art. 3 della Costituzione.
Queste leggi inquinate da un razzismo strisciante, colpiscono solo una parte del Paese, dove questi cittadini non vengono giudicati solo per il reato commesso, ma in quanto nativi di un territorio, così sono stati fatti diventare essi stessi un reato.
Nelle carceri con le leggi di perenne emergenza, anche le pene sono discriminatorie a seconda del luogo di provenienza. La legge che ha avvelenato la limpidezza dei principi costituzionali è la n. 356 del 1992, che ha modificato l’art. 4 bis OP, creando un sistema di pene normali e un sistema di pene escluse dai benefici dal codice penitenziario. Tutto il sistema si adopera per dissimulare la disumanizzazione di questo barbaro art. 4 bis OP. Il nuovo Papa ha detto di non farsi rubare la speranza. A noi ce l’hanno rubata con questa legge. Grazie

4 aprile 2013
Riflettevo sulla giornata di ieri. Erano molti anni che non trascorrevo un po’ di tempo in mezzo alla gente. Questi eventi sono importanti per i reclusi perché aiutano a non perdere il contatto con la società. Inoltre è anche importante per la rieducazione e un futuro reinserimento essendo che diminuiscono le distanze mentali che si creano in tanti anni di cattività. Queste manifestazioni non devono essere delle eccezioni, ma diventare degli ordinari incontri per socializzare con il mondo esterno; servono anche ad elevare la cultura dei reclusi.
Il lavoro e la cultura sono gli strumenti necessari per aiutare chi ha sbagliato a indicargli che nella vita ci sono tante altre scelte.
Un uomo non lo si migliora terrorizzandolo con la paura dell’inferno, ma lo si migliora educandolo a contemplare la bellezza del paradiso.

11 aprile 2013
Mi ha scritto un amico di vecchia data; ci conosciamo da oltre 30 anni, anche lui è della provincia di Salerno. Dagli anni Ottanta ha scontato circa 25-26 anni. Era uscito in semilibertà all’inizio del 2000, ma l’apparato della repressione dopo qualche mese gliela fece rievocare; finì di scontare i circa due anni che gli rimanevano e uscì a fine pena.
Si è sposato e ha avuto due bambini che ora hanno 11 e 9 anni.
Mentre si godeva questa nuova vita, una famiglia e un buon lavoro, è stato arrestato di nuovo per un reato di quando era minorenne.
Fatto il processo l’hanno condannato, e ora gli stanno facendo scontare fino all’ultimo giorno. Neanche alla comunione del figlio l’hanno voluto mandare, perché l’apparato della repressione si è opposto fermamente con relazioni false e strumentali.
Nella sua lettera mi ha chiesto consiglio, se non è il caso di andarsene all’estero quando uscirà fra qualche anno. Perché se il suo ultimo reato è di oltre 25 anni fa e dopo un quarto di secolo continuano a perseguitarlo, ha pensato di rifarsi una nuova vita in un paese civile, dove ti lasciano vivere in pace dopo che hai finito di scontare la pena, cosa impossibile in Italia principalmente nel Meridione, perché nella colonia la pena non finisce mai, la repressione continua tutta la vita. Gli ho risposto di condividere il suo pensiero: fa bene a decidere di andarsene all’estero, perché quelli come noi non hanno un futuro da normali cittadini, saremo sempre perseguitati, oppressi e ridotti a sopportare soprusi in ogni occasione, sia in pubblico che quando vengono a casa; a reagire alle loro ingiustizie si cade nel torto, perché il sistema protegge se stesso e non aprirebbe mai un’inchiesta per punire gli addetti alle loro corporazioni.
Il sistema repressivo alimenta la recidiva, perché non consente una vita serena a chi ha scontato la pena. L’oppressione è sistematica sulla vita privata e sull’attività lavorativa.
La pericolosità sociale è un marchio infame che finisce il giorno del funerale.

16 aprile 2013
Ieri abbiamo avuto notizia della scomparsa di un anziano ergastolano, da vent’anni seppellito nel regime di tortura del 41 bis. Gli hanno dato la sospensione pena dieci giorni prima di morire. Quello che ci ha fatto male è stato apprendere del comportamento del vescovo di Trapani, che gli ha vietato l’estrema unzione e la messa, dichiarando che gli ergastolani non possono avere la cerimonia funebre in chiesa….

18 aprile 2013
Ci hanno messo le reti alla finestra. La vista panoramica ne risente, come anche un senso di mancanza d’aria. Ci sono in quasi tutti i carceri, ma abituarsi è sempre difficile, principalmente quando arrivi in un carcere e non ci sono. Mi è successo anche nel carcere di Sulmona, le hanno messe mentre ero lì, il motivo è sempre lo stesso: non buttare né far passare niente dalle finestre. Siccome abbiamo una piccola finestra, su domanda di un detenuto alla direttrice, ci è stato risposto che avrebbe aperto un altro pezzo di finestra. Le finestre sono composte da tre rettangoli, di cui uno è finestra e gli altri due sono fissi, per aprirne uno c’è bisogno delle cerniere.
Speriamo che venga aperta perché in estate si starebbe più freschi.
Un uomo ha la capacità di adattarsi a ogni cosa; lo diceva Alessandro Manzoni qualche secolo fa.

Pasquale De Feo, carcere di Catanzaro, detenuto dal 1983