Continua la tendenza a ridurre i diritti dei lavoratori, i salari e lo Stato sociale, in Italia e in Europa, anche se i commenti spesso mascherano la reale natura dei provvedimenti, come quando si legge di riduzione del cuneo fiscale, senza precisare che si tratta di contributi e non di tasse; che ci sono effetti sulle pensioni. Continua la crescita delle differenze di attesa di vita tra ricchi e poveri, istruiti e meno istruiti, anche se più nell’Europa settentrionale che in Italia. Si discute sul velo islamico come se accettare o proibire i simboli religiosi, per alcune, non avesse effetti anche sulla possibilità di trovare e conservare un lavoro. A differenze da quel che spesso si legge, l’Italia e Torino non sono il fanalino di coda dal punto di vista della salute e di alcune differenze.

Salute e retribuzioni a Torino e in Italia
È stato presentato il 17 marzo il rapporto 40 anni di salute a Torino, spunti per leggere i bisogni e i risultati delle politiche a cura di Costa, Stroscia, Zengarini, Demaria (primo link). È impossibile sintetizzare in poche righe il gran numero di informazioni disponibili anche solo negli estratti raggiungibili in rete. La notizia più importante è la grande differenza di attesa di vita per quartiere, cioè per classe sociale. Se si prende il 3 a piazza Hermada (sotto la collina, in centro) e si va verso Rivoli (in periferia), l’attesa di vita dei residenti che si incontrano diminuisce di mezzo anno ad ogni chilometro. Per giunta la differenza tra i laureati e chi ha la media inferiore per gli uomini è cresciuta da 4  a 5 anni tra il 1972 e il 2011. Ma nei 40 anni dell’indagine, non solo l’attesa di vita è aumentata per tutti, ma la differenza per quartiere si è dimezzata. Il Sistema sanitario, le pensioni, il risparmio, la casa in proprietà, hanno protetto la salute dei più anche nella crisi. E, per le donne, la differenza di attesa di vita tra chi ha la media superiore e chi ha le elementari o meno si è ridotta da 5 anni a 3,5. È peggiorato lo stile di vita, come si dice, delle più istruite; è diventata meno gravosa la condizione di chi lo è meno. E le differenze per livello di istruzione a Torino e in altre città e paesi dell’Europa occidentale sono minime rispetto all’enormità delle differenze in Europa orientale. Il tasso di mortalità standardizzato per tutte le cause tra i molto e i poco istruiti tra i 30 e i 74 anni passa da 400 a 700 a Torino, da 700 a 2500 in Ungheria, da 500 a 1.500 in Cechia, da 600 a 1900 in Polonia.
Se si guardano le retribuzioni in generale, in particolare quelle tra uomini e donne, e il cuneo fiscale (vedi secondo link, eurostat) si hanno molte conferme e qualche sorpresa.
Anche in questo caso è impossibile sintetizzare tutti gli aspetti interessanti e sorprendenti.
È nota ed ovvia, ma sempre un po’ maggiore di quanto non sembri dai commenti, la enorme differenza di retribuzione tra paesi occidentali e orientali - da 10 ad 1, più o meno (da 5 a 1 se si fa il confronto a parità di potere di acquisto). Né stupisce che la Norvegia superi tutti, sembri fuori scala. Può però essere importante ricordare che la Francia supera tutti per cuneo fiscale e che l’Italia è in buona compagnia (dell’Austria, della Svezia, del Belgio). È così che si pagano le pensioni.
Forse sorprende (almeno ha stupito me, che non lo ricordavo) che la differenza di retribuzione tra uomini e donne sia in Italia tra le più basse (è minore solo in Slovenia e a Malta) mentre Germania, Austria, Finlandia, primeggiano. Certo, bisogna tener conto del basso livello di attività delle donne in Italia; ma almeno quelle che lavorano sono trattate sempre male, ma meglio che altrove.
Credo si possa trarre dal pur sintetico sguardo comparativo la conclusione che l’Italia non ha problemi particolari per la sua arretratezza, che bisognerebbe superare per adeguarsi ai virtuosi paesi nordici e anglosassoni, ma ha anzi problemi minori perché è riuscita, fino ad ora, a difendere meglio il Sistema Sanitario, i risparmi, la solidarietà sociale e famigliare. Non tutte le nostre particolarità sono virtuose: non tassiamo le case, anche di chi non è povero; non tassiamo le eredità, anche quelle che Germania, Francia, Regno Unito tassano al 40% (vedi Piketty).
Ma in generale è proprio la tendenza all’adeguamento che può travolgerci: l’accettazione del dominio dei ricchi; il chiamare mercato il monopolio; il considerare normali, non degne di preoccupazione, le fusioni, approv ...[continua]

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