Si compirà in primavera un decennio da quando un incidente motociclistico troncò la vita di Thomas Edward Lawrence; Lawrence d’Arabia, come è oggi spesso chiamato, dal luogo della sua massima gesta, e anche per distinguerlo dal noto romanziere. La sua vita, nel tempo seguito alla maggior celebrità dell’immediato dopoguerra, era stata ricca di colpi di scena, di evasioni, di reincarnazioni sotto nuovi nomi e abiti insospettati; tanto che a più d’uno quella morte repentina e violenta sembrò l’ultimo trucco dell’Intelligence Service, la sparizione ufficiale dell’uomo misterioso che sarebbe poi ricomparso a tempo opportuno chi sa in qual angolo del mondo, a tesser nuove trame per il servizio di Sua Maestà britannica. Ma Lawrence non riapparve più; neanche quando cinque anni più tardi l’Isola inviolata si raccolse nella difesa suprema sotto la pioggia delle bombe, in attesa dell’invasione, e lontano pel mondo altri uomini della sua razza, come il Wingate in Abissinia e in Birmania, sembrarono emularne le geste. Il "re non coronato d’Arabia” dormiva davvero nel piccolo cimitero di Moreton, e di quella procellosa vita veramente per più lati "inimitabile” non rimaneva più che il ricordo, vergato dalla mano stessa del Lawrence in pagine tormentate o superbe, e in parte sopravvivente nei colori e le linee degli atlanti, nella sistemazione politica del vicino Oriente dopo la Prima guerra mondiale.
Per il gran pubblico, Lawrence è soprattutto il fortunato animatore della rivolta araba contro i turchi nel 1916-’19, il guerrigliero del deserto, il consigliere del re Husain del Higiàz e del figlio di questo Faisal, che invano s’insediò un istante sul trono di Damasco, e ascese poi con miglior fortuna, nel 1921, su quello di Baghdad, grazie a Churchill, a Gertrude Bell e al Lawrence stesso. Pochi sanno o ricordano quel che egli fu prima e dopo il suo più noto quinquennio: lo studente di Oxford, lo studioso dell’architettura crociata in Siria e Palestina, lo scavatore, con Hogarth e Woolley, di Karkemisn sull’Eufrate. E poi, finita la guerra guerreggiata e quella diplomatica, ecco il "colonnello Lawrence” diventare il semplice aviere Ross, e poi il soldato Shaw del Corpo dei carri armati, e ancora l’oscuro gregario della Raf, inseguito sino in India e alla frontiera afghana dai giornalisti in sospetto di maneggi politici segreti. Sino a che, prigioniero del suo passato e incapace di ottenere dagli uomini e un po’ anche da se stesso l’oblio e l’equilibrio spirituale sotto la divisa, egli si ritirò definitivamente dal servizio militare, per nascondersi coi fidi suoi libri e i ricordi degli irrevocati dì nella casetta campestre di Clouds Hill; dove inattesa e fulminea, giungendo sulle ali della velocità e del vento, lo colse la morte a soli 49 anni (18 maggio 1935).

Da archeologo a guerriero
Non era una dura tempra di avventuriero e di conquistatore ma, in giovinezza, una sognante anima romantica, un intelletto raffinato entro un saldo asciutto corpo di sportivo inglese. La scelta pubblicata delle sue lettere (che ancor non conosciamo se non in un’insoddisfacente edizione italiana) ce lo mostra ventenne negli ultimi anni alcionii d’Europa, percorrere a piedi o in bicicletta la Bretagna e la Provenza, la Siria e la Palestina, assorto nella contemplazione di cattedrali e di castelli feudali, ma insieme acuto, caustico osservatore di costumi e di uomini d’oggi. A 24 anni, sull’Acropoli d’Atene, il futuro apostolo e guerriero della rinascita araba si inchinava al miracolo greco: "Non ci sarà mai un gran libro su Atene, a meno che non sia di un nemico: nessuno che l’abbia conosciuta può resistere al suo incanto, se non attaccando con violenza il suo spirito; e quale artista lo può attaccare, adesso che Tolstoi è morto? Lui, e lui solo, avrebbe potuto sradicare la cultura greca dal mondo”.
Il triennio di scavi sull’Eufrate, una missione scientifico-militare al Sinai e il soggiorno in Egitto, assai più che uno studio libresco della storia e civiltà araba antica, con cui il Lawrence non ci sembra abbia mai posseduto una familiarità paragonabile a quella che ebbe col mondo arabo moderno, gli aprirono la via alla grande avventura di guerra. Non staremo qui a rinarrarla, giacché l’ha narrata in modo impareggiabile egli stesso nel gran libro dei Sette Pilastri della Saggezza, di cui la più nota Rivolta nel deserto non è che una redazione abbreviata. Quel che qui importa osservare, è che il Lawrence si avvicinò alla su ...[continua]

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