Cari amici,
dopo i tragici fatti di Parigi alcuni mi hanno chiesto: cosa ne pensano i marocchini?
L’interesse credo sia dettato dalla presunzione di poter misurare la laicità e la libertà delle persone sulla base della presenza o meno di una condanna chiara senza se e senza ma della brutale strage. Il fatto che la massima autorità religiosa dei cattolici abbia dato una lettura diversa da quella emotiva immediatamente scaturita dopo le prime notizie, forse ha cambiato un po’ l’approccio. Per fortuna. Perché questi esami della coscienza altrui mi pare odorino sempre di inquisizione e quella degli spiriti laici contro le persone che professano una fede può essere altrettanto fastidiosa. I marocchini sono quasi tutti musulmani e vivono con apprensione la svolta islamista fondamentalista che dilaga ovunque. Ne sono tra le prime vittime: non solo a causa di conflitti armati che devastano ormai troppi paesi a prevalenza musulmana, ma, per fare un solo esempio, per il reclutamento che attraverso internet e l’atroce pubblicità del pretestuoso califfato islamico viene fatto, di giovani che nel loro paese sentono di non avere prospettive e si tuffano dunque fin troppo facilmente in una scelta senza sbocco che non sia la morte. Non è raro venire a conoscenza di casi di giovani che ricevono soldi di provenienza arabo saudita e che vengono spinti ad abbracciare una corrente islamica che non fa parte della loro cultura materna. Perché in Marocco, questo è certo, l’Islam viene classificato comunemente come "moderato”.
In uno dei tanti viaggi di gruppo che organizzo in giro per questo bellissimo paese, ho potuto incontrare uno dei leader del vivace movimento degli amazigh o berberi. Said Kamel ha dovuto rispondere ben presto a una domanda posta da tanti visitatori: come si pongono i berberi nei confronti dell’islamismo?
C’è un film molto grazioso che tratta l’argomento; "La sorgente dell’amore”. Mostra l’arrivo di alcuni fondamentalisti islamici nel villaggio di montagna dov’è ambientata la storia. Essi provano a comprare il consenso dell’imam e degli uomini incapaci di domare la rivolta femminile scatenata dall’assenza di una fonte vicina alle case. Vengono alla fine scacciati dalla forza e coesione di alcune donne e dalla saggezza di quegli uomini più legati alla tradizione locale e meno frastornati dal presente. È un evidente richiamo cinematografico alla teoria che Said ci ha vigorosamente espresso: i piccoli villaggi dove possono fondarsi associazioni di Amazigh, implicandole nel processo di sviluppo e nel campo sociale, sono una barriera alla penetrazione islamista. Sarebbe dunque il tessuto sociale, d’origini prettamente berbere, delle campagne, a frenare la diffusione dell’islamismo in Marocco. Lo dimostrerebbe anche l’avversione per la causa berbera da parte di tutti i movimenti panarabi e panislamici e la diffusione del fondamentalismo religioso islamico prevalentemente nei grossi centri urbani, dove la cultura berbera si stempera e quasi sparisce, nella mescolanza linguistica (arabo, darija, francese) e culturale, nell’impatto con la modernità urbana.
All’epoca il signor Kamel non era riuscito a persuadermi. Avevo pensato infatti alla presunzione di chi è troppo convinto della bontà della sua causa. E in mente mi balenava la Cabilia, regione resistente berbera contro il colonialismo, trasformatasi in focolaio del terrorismo islamista in Algeria...
Ma soprattutto avevo in testa la certezza della repressione del Makhzen. Le terribili carceri marocchine sono piene di presunti islamisti. Il governo ha la mano pesante in questi casi. Il movimento islamista più forte in Marocco è Al-Adl wa l-Ihsān. Esso non ha la possibilità legale di porsi come interlocutore politico riconosciuto, per la dichiarata opposizione alla monarchia. Nonostante ciò, è un movimento dalle ampie capacità di coinvolgimento delle masse (penso alle manifestazioni che si opposero alla riforma del diritto di famiglia, e a Torino, dove gestisce le più attive sale di preghiera cittadine). Fu così spregiudicato da legarsi in ottica antimonarchica al movimento laico e progressista nella versione marocchina della Primavera araba, il Movimento 20 febbraio. Probabilmente decretandone così un destino di declino. Non mi era mai sembrato si potesse attribuire la debolezza dell’islamismo in Marocco al Movimento berbero. Dal 2013 s’è organizzato nella Fédération Nationale des Associations Amazighes e nel Coordinamento Nationale Amazighe. C ...[continua]

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