Paul Lannoye, eletto nelle liste di Ecolo, il gruppo verde vallone, è membro della Commissione Ambiente e membro sostituto della Commissione Rex (Relazioni economiche estere).

Recentemente è stata introdotta un’importante modifica legislativa riguardante la composizione del cioccolato. Di cosa si tratta?
Tutto è cominciato con una direttiva della Commissione Europea tesa a regolamentare le condizioni di produzione e commercio del cioccolato in Europa. Allo stato attuale, otto tra i quindici stati membri dell’Unione hanno stabilito che il cioccolato non può contenere materie grasse vegetali in sostituzione del burro di cacao. Gli altri sette paesi membri -Regno Unito, Danimarca, Irlanda, Portogallo, Svezia, Finlandia e Austria- utilizzano in parte materie grasse vegetali in sostituzione del burro di cacao. Quindi, attualmente circolano due tipi di cioccolato in Europa: c’è un cioccolato puro, che contiene solo burro di cacao, e c’è un cioccolato in cui il burro di cacao è stato parzialmente sostituito da grassi vegetali. Questa situazione crea un problema all’interno dell’Unione perché le frontiere ben presto scompariranno, per cui la Commissione Europea ha inviato una direttiva per consentire a tutti gli stati membri di utilizzare materie grasse vegetali in sostituzione del burro di cacao, fino al 5% del peso totale del prodotto.
Il rapporto che ho stilato rappresenta la reazione del Parlamento a questa direttiva della Commissione. La traduzione della posizione del Parlamento in emendamenti precisi al testo emanato dalla Commissione sarà presto inviata al Consiglio dei Ministri. A sua volta il Consiglio dei Ministri dovrà prendere posizione e inviare di nuovo il testo al Parlamento, per una seconda lettura. Nel caso in cui non ci fosse un accordo fra queste due istituzioni, si dovrà far ricorso a una procedura di conciliazione per individuare una strategia, definita in comune dal Consiglio e dal Parlamento. Adesso siamo ancora al primo stadio, perché la posizione del Parlamento è in totale contrapposizione alla posizione della Commissione. La Commissione, infatti, ritiene si possa chiamare “cioccolato” il cioccolato con o senza materie grasse vegetali. Il Parlamento, invece, sostiene che se ci sono materie grasse vegetali -e questo è già un compromesso- si possa parlare di “cioccolato” a condizione che accanto sia scritto chiaramente “con materie grasse vegetali di sostituzione”. La Commissione non è mai stata molto chiara a questo proposito: la precisazione doveva essere indicata da qualche parte, ma non ci si è preoccupati che una scritta a caratteri piccoli sul retro del prodotto non sarebbe stata leggibile per il consumatore. Inoltre, l’indicazione “materie grasse vegetali” è una dizione troppo vaga, può trattarsi di qualsiasi cosa. Attualmente, le materie grasse vegetali in sostituzione del cacao sono un prodotto di origine africana usato spesso come cosmetico, ma che può, mescolato con olio di palma e altri ingredienti, formare un prodotto più o meno comparabile al burro di cacao.
Il Parlamento ha proposto di limitare le materie grasse vegetali utilizzabili a materie di origine tropicale e africana. In questo modo si tenta di evitare il ricorso a processi chimici di trasformazione, che consentirebbero di partire da un prodotto di base molto a buon mercato come l’olio di palma, per arrivare a qualcosa che somigli al burro di cacao, ma che non è affatto un prodotto naturale.
Pertanto, il Parlamento ha voluto limitare la denominazione “materie grasse vegetali” solo ai prodotti naturali che provengono da paesi meno sviluppati. Così, almeno il cioccolato, anche se modificato nella sua composizione, resta un prodotto naturale. Infine, per il cioccolato di qualità superiore, cioè nel caso in cui il tasso del burro di cacao è superiore alla quantità minima, è vietato utilizzare materie grasse vegetali di qualsiasi tipo. Questo vuol dire che non c’è che il burro di cacao per il cioccolato definito “di qualità” o “extra” o “nero”. Comunque, attualmente non esistono metodi di analisi per verificare se si sta rispettando la direttiva europea. E finché non ci sono strumenti adeguati ed affidabili, di fatto, la direttiva non può essere applicata. Non si può votare una legge, sapendo che non si sarà capaci di farla rispettare.
Oltre ai diritti dei consumatori, l’esito di tale direttiva riguarda il destino di alcuni paesi in via di sviluppo...
Per quanto riguarda i paesi in via di sviluppo, la ...[continua]

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