Sista Bramini, attrice e regista teatrale romana, è la fondatrice del progetto “Teatro e Natura”. Dal 1989 interpreta e dirige spettacoli che si svolgono in parchi, boschi e altri spazi all’aperto, dove gli spettatori seguono il cammino itinerante degli attori.

Qual è il percorso artistico che ti ha portato alla creazione di spettacoli nella natura?
La prima possibilità di approfondimento della relazione tra arte drammatica e coscienza ecologica l’ho avuta con il regista polacco Jerzy Grotowski. Ero iscritta a Lettere dove avevo frequentato la Scuola di drammaturgia di Eduardo de Filippo, all’Istituto di Storia del Teatro. La scuola, di per sé, era un po’ improbabile: è difficile scrivere commedie alla Eduardo! Ma a me piaceva scrivere il teatro, mi piaceva impararlo da Eduardo. Alla selezione per il suo corso dovemmo recitare dei pezzi scritti da noi: lui sembrava non ascoltare, ma in realtà era molto attento alle reazioni del pubblico. L’anno dopo, nel 1982, arrivò Grotowski, che aveva smesso di fare spettacoli teatrali veri e propri e stava facendo un periodo di sperimentazione. Era il periodo in cui lui si allontanò di più dal teatro. Si trattava di un esperimento sullo stato di salute della nostra relazione con la natura, il seminario si intitolava “Tecniche originarie dell’attore”. Era un’esperienza anti-teatrale, una provocazione per il mondo del teatro. E’ difficile da raccontare oggi, quelli erano anni diversi in cui questi discorsi si capivano meglio. Grotowski lavorava in modo transculturale con un gruppo di giovani che venivano da posti diversi e con i quali aveva viaggiato per il mondo, aveva incontrato dei maestri di cultura tradizionale e il gruppo era diventato testimone di un certo modo di relazionarsi con la natura. Partendo dalla loro realtà personale, dai loro bisogni, i membri del gruppo avevano trovato nella natura delle azioni primarie molto semplici. Nel farlo, loro si sentivano in relazione con l’ambiente circostante e con una percezione della realtà che non era quella quotidiana, ordinaria. Questo gruppo, dopo aver lavorato sperimentando da solo per tanto tempo, si apriva e noi ci unimmo a loro. Ognuno di noi andava con uno dei membri del gruppo, che ci faceva da guida per il percorso, per l’azione che lui aveva trovato e sperimentato. Tutto questo era stato preceduto all’università da due mesi di lezioni di Grotowski, nelle quali lui parlava di questo progetto affascinantissimo, raccontava di incontri avvenuti in tutte le parti del mondo, dagli sciamani siberiani alle popolazioni indie dell’America Latina. Per noi studenti era stranissimo perché quest’uomo ci metteva in contatto con tutto il mondo e con la natura, mentre Eduardo ci aveva messo in contatto con delle radici culturali molto precise: la tradizione napoletana. Questo strano mix è stato fondamentale nella nostra educazione. Il passaggio dalle lezioni di Grotowski all’azione fu un’esperienza straordinaria, sconvolgente, diversa da tutto quello che avevamo fatto in precedenza. Si cominciò con tre giorni di silenzio assoluto. Già stare tre giorni in silenzio con gente sconosciuta altera il modo di vedere le cose. Le nostre “guide” ci facevano fare le loro esperienze nel cuore della notte, o la mattina, a piccoli gruppi. Queste azioni, nonostante un tempo molto strutturato, davano l’idea di una grande libertà, di organicità della relazione umana. Per me era come trovare un territorio vergine dove si potevano cambiare le regole del gioco, anche nel modo di stare insieme agli altri: non li conoscevi e non ci potevi parlare. Dovevi per forza trovare altri modi per relazionare. Dopo un po’ riuscivi a capire l’umore di una persona dal modo come spostava una sedia o dal ritmo con cui entrava in una stanza. Capivi cose che prima pensavi di capire solo con le parole. Quando poi ci parlavi insieme, le persone ti sembravano completamente diverse! Questo tipo di esperienza era quasi anti-teatrale, pre-espressiva, non incoraggiava l’esibizione, ma la capacità di ascoltare, di prestare attenzione, di prendere spunto per l’azione, reagendo a quello che succedeva. Dopo il seminario con Grotowski io e altri allievi eravamo talmente innamorati di questo tipo di ricerca che abbiamo fondato la Casa-laboratorio di Cenci in Umbria, per continuare a svolgere attività teatrali e pedagogiche fondate sulla relazione diretta con gli elementi naturali. Per un anno e mezzo ci siamo visti un week-end al mese, cominciando a fare questi es ...[continua]

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