Alla fine del 2022 (Una città, n. 289) abbiamo fatto il punto sulla Germania e sull’Europa. Oggi come vedi la situazione?
Io oggi vedo il rischio serio che l’Europa salti, non solo perché Macron ha detto: “Notre Europe peut mourir” -ai francesi piacciono queste frasi enfatiche; lo stesso presidente tedesco Steinmeier l’altro giorno, nel corso di una conferenza a Bruges, dove c’è la scuola per la formazione di dirigenti europei, ha detto anche lui che c’è un rischio serio per l’esistenza dell’Europa.
Dopo l’invasione di Putin, il problema era come avrebbero reagito l’Europa e l’Occidente. Bisogna dire che abbiamo reagito un po’ meglio di quello che si temeva. Il problema è che mentre i politici in qualche modo hanno fatto il loro lavoro, la gente normale non ne vuol sentir parlare. Noi tutti ci riempiamo la bocca della società civile, della politica corrotta, ma una parte degli europei sta molto comoda come sta, e di intervenire non vuol sentire parlare... una situazione di tranquillità che ricorda quella dell’Europa del 1939. “Mourir pour Dantzig?”. Morire per Danzica? E perché?
Però sappiamo com’è andata a finire l’altra volta...
Il fatto è che chi aveva quella memoria non c’è più. Non c’è più chi ricorda cos’hanno significato quelle decisioni, la solitudine inglese contro Hitler, la scelta degli americani; non ci sono più nemmeno esponenti politici che ricordino questo, invece l’Europa l’ha fatta gente che ricordava la guerra, che aveva combattuto in nome dell’antifascismo e dell’antitotalitarismo.
Oggi la gente è convinta che basti lo Stato, che è considerato una sorta di bancomat, che sia tutto normale così. L’altro giorno in un bar c’erano questi due ragazzi che parlavano del lavoro e uno se n’è uscito: “Il posto fisso? Ma che significa, che allora il pomeriggio non è mai libero? E come si fa?”. È una battuta, però... cioè, noi potevamo sentirci più di destra o di sinistra, però per tutti noi l’idea di un impegno era presente, impegno anche gratuito; ecco, questo non c’è più.
Oggi in Germania, soprattutto all’Est -ci torneremo- c’è una frangia composta da filo-putiniani, filo-nazisti e gente legata a questo nuovo movimento di Sahra Wagenknecht che ricordano una componente di Weimar, i rossobruni, i nazibolscevichi. Questi cosa propongono? Uno stato sociale senza limiti e senza vincoli, e pace: perché dobbiamo spendere soldi per dare armi all’Ucraina? Tutto ciò mette in grandissima difficoltà l’Spd, il partito socialdemocratico. Come fa un partito socialdemocratico a dire: trasformiamo gli aratri in armi? Perché poi è questo che bisognerebbe dire. Per una sinistra moderata è una fatica immensa.
Lo stesso discorso vale per Macron, lui ci ha provato e infatti sta perdendo. Va anche detto che c’è un odio contro Macron; lì non c’è solo la sinistra di Mélenchon e la destra di Le Pen; in Francia c’è anche un elemento antiparigino, cioè la provincia profonda francese odia Parigi e Macron è proprio il simbolo di questa aristocrazia amministrativa, di quest’idea monarchica del potere. Lì c’è la componente proprio francese. Però in generale possiamo dire che oggi l’Europa, che è nata sull’alleanza franco-tedesca, soffre della crisi di questa alleanza, che attualmente è fatta di due debolezze. Se pensiamo a De Gaulle e Adenauer, a Mitterrand e Kohl... Adesso sono due debolezze che devono cercare di uscirne, ma non so come e se ce la faranno.
La Francia storicamente ha sempre boicottato l’Europa. Per due motivi, perché si ritiene ancora una grande potenza coloniale e imperiale e perché pensa di essere il modello della guida dell’Europa. Nel 1953 ha fatto cadere l’idea di darci una difesa comune. Nel 2005 ha bocciato il progetto di costituzione. Ricordiamoci poi che l’antisemitismo nasce in Francia, non in Germania. La Francia profonda è un mix di posizioni di antisemitismo, di nazismo, ecc. E poi non ha mai amato l’Europa. Prima ci si è avvicinata, ma ...[continua]
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