Intervista a Peter Kammerer.

Da dove viene il tuo interesse, il tuo amore potremmo dire, per il Mediterraneo?
In primo luogo, vorrei fare una premessa: si capisce solo quando si ha la possibilità del confronto, uno capisce qualcosa solo se può vederne un’altra. Vivendo in Italia io ho capito la Germania, se fossi rimasto in Germania non avrei potuto capirne nulla e, viceversa, credo di aver capito l’Italia proprio perché sono un tedesco.
Il mio interesse per il Mediterraneo parte da una semplice constatazione di ordine generale: non esistono al mondo, escludendo forse l’India e la Cina, altre aree che abbiano lo stesso pregio, la stessa qualità del Mediterraneo, in particolare dell’Italia, ossia il fatto di avere una cultura alta che da più di 3000 anni vive una storia ininterrotta. Se solo ci si pensa un po’, già questo fatto è quasi incredibile. Una cultura altissima come quella greca ha vissuto 500 anni veramente grandi, dal 600 a. C. fino alla conquista romana; dopo di che la Grecia è piano piano decaduta fino a diventare una provincia turca che non sapeva quasi più nulla del proprio passato. Lo stesso vale per Tunisi, cioè la grande Cartagine... Però, anche se singole aree del Mediterraneo hanno conosciuto la decadenza, il Mediterraneo nel suo complesso è da millenni continuamente attraversato da culture profondissime. Lo stesso non si può certo dire per l’Europa del nord. Da quando, per esempio, si può parlare di una cultura alta in un paese come la Germania? Al massimo da mille anni, a voler essere generosi possiamo arrivare all’incoronazione di Carlo Magno, nell’800, ma si tratta sempre di poco più di mille anni. All’opposto, come ho detto, l’Italia ha una cultura alta da oltre 2500 anni, con pochissime interruzioni di durata abbastanza breve, compensate dal fatto che in almeno due tornate è stato il paese più avanzato del mondo. E’ quanto si è verificato sia durante l’espansione romana, che fra l’XI e il XVI secolo.
In questi periodi l’Italia era all’avanguardia sotto tutti i punti di vista: era il paese più ricco, quello culturalmente più vivace, quello più sviluppato tecnologicamente. Come esempio si può citare il caso dell’arsenale di Venezia, che purtroppo pochi conoscono anche se è lì che è stata inventata la moderna divisione del lavoro, poi chiamata taylorismo.
Nel 1423 Venezia era al massimo della sua potenza ed aveva circa 190 mila abitanti, di cui 16 mila lavoravano nell’arsenale, che allora era la fabbrica più moderna del mondo. Per capire bene cosa fosse l’arsenale di Venezia è necessario sapere cosa fosse a quei tempi una nave da guerra, e qui mi è d’aiuto quel scriveva nel 1806 -durante le guerre napoleoniche, ma le navi non erano ancora molto diverse da quelle del ’400-, Johann-Peter Hebel, un personaggio incredibile, che è il padre spirituale di Kafka e di Heidegger, anche se non è conosciuto perché metà della sua produzione è scritta in un dialetto tedesco. Hebel, un prete di campagna della zona dove sono nato, è anche per questo che lo conosco bene, era animato da un forte zelo pedagogico che lo spingeva a fare un "calendario del popolo" destinato ai contadini, dove scriveva degli avvenimenti mondiali, delle nuove tecnologie e così via. Scriveva dunque Hebel in Una nave da guerra : "Non si può immaginare che cosa ci vuole per costruire una nave da guerra, una nave inglese ad esempio. Per fare una nave che abbia cento cannoni c’è bisogno di mille querce, e così si può dire che una nave mangia un intero bosco.
Poi ci vogliono 100.000 chili di ferro e 6500 helen (un helen è pari a 40 cmq) di tela per le vele. Le funi pesano 80.000 chili e quando hanno la pece sopra ne pesano 100.000. Alla fine, una nave pesa 2,5 milioni di chili, senza contare la gente, i cannoni, i viveri, la polvere da sparo. Eppure naviga, così leggera e così sicura che l’uomo non finisce di meravigliarsi. Se un uomo da solo conoscesse tutti i mestieri che sono necessari e volesse costruire una nave da guerra avrebbe bisogno di 480 anni. Se avesse iniziato nell’anno 1333, quando i turchi non assediavano ancora l’Europa e quando non si sapeva ancora nulla del dottor Lutero, e avesse lavorato giorno dopo giorno senza mai concedersi un riposo, non avrebbe ancora finito il suo lavoro. Eppure, la vita di una nave da guerra non dura più di 50 anni". Fare una nave era quindi un’opera enorme, ma i veneziani già nel 1400 avevano organizzato l’arsenale dividendo la costruzione in tanti reparti, ognuno spec ...[continua]

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