Carlo Zanella, architetto, vive a Torino dove ha un laboratorio di restauro.

Hai vissuto molti anni in Nicaragua…
Negli anni Settanta militavo in Lotta Continua e dopo il suo scioglimento cercavo un modo per proseguire quell’esperienza. L’idea fu di andare in Nicaragua a vedere come stesse evolvendo la rivoluzione sandinista. All’epoca il movimento internazionale di liberazione in Africa e in America Latina aveva avuto un peso sulla formazione politica ed etica di tutta la mia generazione, sul nostro concetto di giustizia. Ci arrivavano delle notizie sulla rivoluzione sandinista in Nicaragua, paese vicinissimo agli Stati Uniti, e capivamo che in quell’area una rivoluzione non era certo una cosa semplice. Avevo aderito al comitato Nicaragua a Torino, un gruppo molto partecipato; tieni conto che all’epoca, quando qualcuno della sinistra extraparlamentare voleva organizzare qualcosa, doveva affittare un cinema perché c’erano centinaia di giovani interessati. Non necessariamente ex di Lotta Continua: tanti erano operai, giovani anche privi di esperienze politiche. Fu tramite questo comitato, riconosciuto ufficialmente dal governo nicaraguense, che arrivai là nell’82.
Come era maturata la rivoluzione del 1979?
La storia delle rivoluzioni in Nicaragua nasce da Augusto Sandino, un contadino dell’inizio del Novecento, quando nel paese comandavano gli Stati Uniti. Tra fine Ottocento e inizio Novecento c’era stato un periodo molto breve di indipendenza con un presidente liberale, cui era seguito un lungo periodo di dominazione Usa attraverso presidenti emanazioni di Washington. Sandino organizzò un esercito di contadini e riuscì a buttare fuori gli americani, ma nel ’34 fu catturato in un’imboscata e poi ucciso. Il nuovo presidente, Anastasio Somoza instaurò una dittatura molto pesante, che, coi suoi figli durò fino al 1979. Nel ’61 riprese la guerriglia in nome di Sandino, e già in quest’epoca nel Fronte sandinista c’erano alcune personalità che ritroviamo ancora oggi, come l’attuale dittatore Daniel Ortega. Nel 1978 fu assassinato Pedro Joaquín Chamorro Cardenal, direttore dell’unico quotidiano di opposizione, “La Prensa”; anche se i responsabili non vennero mai individuati, tutti ritennero che fosse stato proprio Somoza il mandante.
Chamorro Cardenal era un liberale e il suo omicidio convinse quella parte politica ad allearsi con le forze rivoluzionarie in prevalenza comuniste, tra cui i sandinisti. Si costituì così una coalizione con liberali, comunisti e altro che il 20 luglio 1979 instaurò un governo di unità nazionale. Questo fu possibile anche perché negli Stati Uniti il nuovo presidente Carter, molto attento agli avvenimenti rivoluzionari, promuoveva la creazione di larghe coalizioni nei paesi che rischiavano rivoluzioni comuniste.
Anche grazie al benestare di Carter, quindi, il nuovo governo di coalizione ottenne subito l’appoggio dell’Onu e un ampio consenso internazionale che, però, non durò molto, perché in pochi anni prese il sopravvento la componente socialista ed emerse sempre più chiaramente il legame del governo nicaraguense con la Russia.
Così i liberali lasciarono il governo e molti paesi, in primis gli Stati Uniti, ritirarono il proprio sostegno. Fu in questo periodo che nacquero i Contras, le forze controrivoluzionarie costituite in larga parte da quel che restava dell’ex Guardia Nacional di Somoza. Ai suoi comandanti, dopo la rivoluzione, era stato permesso di scappare nel vicino Honduras e questa rivoluzione “senza vendette”, in cui all’ex braccio armato del regime era stato permesso di fuggire, era stata molto apprezzata a livello internazionale.
I Contras cominciarono a ricevere il sostegno diretto degli Stati Uniti. In quest’epoca di guerriglia continua, l’economia nicaraguense tornò in crisi e divenne una vera a propria economia di guerra. Il governo sandinista organizzò un esercito di volontari, composto da ex combattenti ed ex rivoluzionari. Naturalmente era una lotta impari: da un lato un esercito di volontari, dall’altro un’ex guardia nazionale equipaggiata dagli Stati Uniti...
Così i sandinisti imposero la leva militare obbligatoria, ufficialmente per costringere a combattere anche i figli della borghesia che fuggivano all’estero; chiusero il paese impedendo a chiunque di uscire, una misura molto odiata dal popolo. Le madri, non solo quelle borghesi, cominciavano a nascondere i figli.
Fu un periodo molto difficile. Eppure, alle elezioni dell’84, in piena guerra, ...[continua]

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