Le primavere arabe avevano suscitato grandi speranze. Vorremmo fare un bilancio del processo di transizione democratica avvenuto in Tunisia a partire dal 2011, per poi venire alla situazione attuale.
È fondamentale partire da ciò che è avvenuto il 14 gennaio 2011, cioè la caduta di Ben Ali, grazie alla quale si è finalmente posto fine a una situazione intollerabile. Parliamo infatti di un regime repressivo e corrotto. Quel giorno per i tunisini è stato vissuto come una benedizione, una liberazione da tanto attesa.
Detto questo, va certamente riconosciuto che questi ultimi dieci non sono stati anni di bonne gouvernance su diversi fronti, economico, sociale, culturale, ambientale e anche educativo. Purtroppo infatti non sono state adottare le riforme necessarie e quindi la situazione ha continuato a peggiorare soprattutto sul versante economico e sociale, senza dimenticare la forte inflazione, che certo non ha migliorato la qualità della vita della gente.
Così, tristemente, dopo dieci anni, tanti tunisini e tunisine si sono convinti che la rivoluzione non sia servita a nulla. Non solo, l’assenza di interesse nei confronti della popolazione da parte dei politici, i giochi di potere tra i vari partiti, la loro mancanza di serietà e la diffusa corruzione hanno fatto sì che nel paese ritornasse una certa nostalgia del passato. Negli ultimi due anni, nello stesso Parlamento, i conflitti e le violenze hanno raggiunto livelli insostenibili. Questi conflitti tuttavia non riguardavano i problemi reali del paese, si trattava soprattutto di propaganda e di discorsi populisti da parte dei vari partiti per fini elettorali, malgrado si fosse a inizio del mandato.
A quel punto per i cittadini, esasperati, è diventato facile incolpare il processo democratico per i fallimenti dei politici, che sono i veri responsabili di questa situazione.
Ennahda, nel periodo in cui è stata al potere, ha commesso un errore dopo l’altro, perdendo velocemente popolarità. Il primo è stato quello di mettere a capo del Parlamento il Presidente del suo proprio partito, una delle persone più odiate del paese, anche secondo tutti i sondaggi. Capite bene che non si può mettere alla testa di un’istituzione così importante una persona di cui nessuno si fida.
Il secondo è stato quello di sfiduciare il governo Fakhfakh, che invece tante speranze aveva dato ai tunisini. Aveva gestito bene il periodo della pandemia, senza dimenticarsi delle riforme che aveva annunciato per il futuro. Ed ecco che Ennahda, poiché il primo ministro non era al loro servizio, l’ha destituito, invocando la questione della corruzione, per quanto quel partito non sia mai stato particolarmente sensibile sulla questione.
Ciò ha contribuito ad alimentare un disagio crescente. Per di più il governo successivo ha fallito a tutti i livelli, nella gestione della pandemia, così come nella comunicazione, che, come sapete bene, ormai ha un peso molto rilevante. Il loro atteggiamento è stato spesso considerato arrogante. Ad esempio, durante la pandemia, è venuto fuori che si erano concessi vacanze in hotel di lusso, mentre i cittadini erano in una situazione di forte preoccupazione per l’emergenza, l’indisponibilità dei vaccini e così via… Tutto questo ha aumentato l’impopolarità del governo, creando le precondizioni per quello che è avvenuto dopo e cioè l’arrivo al potere del Presidente Kais Saied.
Malgrado tutte le difficoltà che ricordavi, in questi anni tuttavia sono stati raggiunti risultati importanti sotto il profilo giuridico e dei diritti, in particolare delle donne.
È così. Come dicevo, sono stati anni difficili, soprattutto sul piano economico, sociale e ambientale, durante i quali purtroppo le condizioni della popolazione sono diventate via via più critiche. E tuttavia non sono stati anni bui.
Voglio ricordare due traguardi a mio avviso molto importanti e significativi. Intanto, il partito Ennahda nel corso di questi anni ha perso la maggioranza del suo elettorato ed è in via di frammentazione. La popolarità di questo partito di orientamento islamista moderato è ormai ai minimi storici. Tant’è che, alle elezioni previste per il 2024, si sti ...[continua]
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