Franco La Cecla, architetto e antropologo, insegna Sociologia delle Relazioni Interetniche all’Università di Palermo. Ha recentemente pubblicato Il malinteso. Antropologia dell’incontro, edizioni Laterza, e Non è cosa. Vita affettiva degli oggetti, edizioni Elèuthera.

Con la cosiddetta "globalizzazione" sembra che il mondo debba essere sopraffatto dal consumismo, da una logica "usa e getta"...
A me pare che la globalizzazione sia diventata una specie di parola d’ordine, usata da tutti, ma senza che nessuno, in sostanza, sappia di preciso a cosa corrisponde. Da parte di molti, poi, si parla di globalizzazione come se questa fosse un processo da cui ci si può estraniare, mentre invece è un qualcosa in cui anche noi siamo dentro.
Certo il mondo, dal crollo del muro di Berlino in qua, è cambiato, ma non è che coi due blocchi fosse così diverso. Anche quando c’erano i due blocchi il sistema della globalizzazione era già in atto, solo che oggi di blocchi ne è rimasto uno solo. A me pare che il modo in cui la globalizzazione viene giudicata faccia emergere come troppi siano ancora i romantici marxisti, convinti che esista nelle cose un "valore d’uso", diverso dal "valore di scambio". Invece, il "valore d’uso" non è mai esistito, gli esseri umani non hanno mai visto nelle cose dei "puri oggetti", i quali, invece, hanno sempre avuto una fortissima connotazione simbolica.
Certo gli attrezzi venivano anche usati, però l’idea che un oggetto abbia solo un valore d’uso, l’idea che esistano dei bisogni primari immediatamente evidenti, è tutt’altro che provata. A dimostrarlo mi sembra sia il fatto stesso che i primi manufatti umani, chiaramente distinguibili appunto come manufatti -fra i quali c’è un’ascia gigantesca, talmente grande da non poter essere usata da nessuno-, sono stati ritrovati nelle tombe e le tombe sono una cosa simbolica perché i morti, invece di essere lasciati agli avvoltoi, cominciano ad essere seppelliti nel momento in cui vengono investiti da una sorta di "regalità", cioè di una irriducibilità al resto dell’esistente. E’ per questo che, nel momento in cui il morto viene seppellito, la sepoltura avviene con tutti gli oggetti che ne testimoniano lo status symbol.
Nella storia materiale degli uomini, quindi, l’aspetto funzionale è solo uno dei tanti modi del rapporto che gli uomini hanno con gli oggetti. E’ per questo che l’analisi marxista è semplicistica ed è strano che in questo nostro mondo, che è post-marxista e assai critico col marxismo, si resti ancora legati a questa ottica, in fondo un po’ moralistica, che vuole ricondurre il mondo alla semplicità. Ma il mondo non è mai stato semplice: le culture tribali sono fra le più complicate che esistano, con logiche di azione tutt’altro che semplici e che quasi sempre, col nostro metro, risultano totalmente irrazionali. Fra le società tribali, ad esempio, non è raro che si facciano delle guerre per motivi assurdi, dove magari i contendenti sono dieci per parte.
Ma se la caratteristica delle società umane è quella di dare moltissimo peso simbolico agli oggetti vuol dire che le analisi delle merci che normalmente vengono fatte non sono poi tanto esatte. Le culture tradizionali, a detta degli antropologi, sono convinte, contrariamente alle nostre, che nelle cose ci sia un supplemento d’anima, per cui, appunto, ci si affeziona alle cose, che così diventano un feticcio e non vengono vendute.
Ma è proprio questa logica che il consumismo mette in crisi, visto che l’Occidente ragiona in termini di "oggetti puri", che come tali vanno consumati...
Ma anche il consumismo è qualcosa che non c’entra niente con l’uso puramente funzionale perché, se alla base del consumismo ci fossero solo delle logiche tecniche, di puro uso, il consumismo stesso non sarebbe spiegabile. Non mi sembra che il consumismo si regga sul fatto che gli oggetti siano "svuotati dell’anima". In realtà, anche all’interno della nostra stessa logica -che è quella su cui si basa la produzione in grande scala di oggetti: prendere una cosa, usarla, e poi buttarla per rimpiazzarla con un’altra cosa identica- c’è un ragionamento folle, non un ragionamento funzionale.
Anche nel consumismo, infatti, c’è un aspetto simbolico e riguarda proprio la stranissima idea, ormai diventata senso comune, che gli oggetti debbano morire prima di noi. E’ come se la morte anticipata degli oggetti di cui ci circondiamo servisse ad esorcizzare la nostra morte. In tutte le culture che ci hanno preceduto ...[continua]

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