Luciano Floridi è professore ordinario di Filosofia ed Etica dell’informazione all’Università di Oxford, dove dirige il Digital Ethics Lab, e chairman del Data Ethics Group dell’Alan Turing Institute. Dal 2021 è anche professore all’Università di Bologna. Fra i suoi saggi: La rivoluzione dell’informazione (Codice, 2012), La quarta rivoluzione (Raffaello Cortina, 2017), Pensare l’infosfera. La filosofia come design concettuale (Raffaello Cortina, 2020) e il recente Il verde e il blu. Idee ingenue per migliorare la politica (Raffaello Cortina, 2020).  

Prima di parlare delle idee politiche contenute nel suo Il verde e il blu, partiamo da una domanda fondamentale per capire il suo punto di vista: lei, riferendosi al digitale, parla di “quarta rivoluzione”. Spesso lo definisce un nuovo habitat. Perché il digitale non è semplicemente un mezzo?
Proprio questa mattina, a un incontro, uno dei partecipanti mi ha chiesto di individuare il cambiamento principale introdotto da internet. Ho risposto esattamente così: capire che il digitale è un ambiente, non un semplice strumento. Il digitale è diventato parte dei luoghi che abitiamo, dove trascorriamo il nostro tempo e dove interagiamo. Il digitale ha creato una nuova comprensione di noi stessi.
L’impatto non è solo tecnologico. Il nucleare, ad esempio, che è stata una tecnologia rivoluzionaria, non ha cambiato la nostra antropologia filosofica, ovvero il modo in cui ci percepiamo; o il nostro modo di essere politici, sociali, economici, il nostro modo di concettualizzare il mondo e il modo di trasformarlo. Da qui l’idea della quarta rivoluzione, come ormai ripeto da molti anni. Le prime tre rivoluzioni, quella copernicana, darwiniana e freudiana, sono tali perché hanno cambiato la nostra auto-comprensione: non siamo più al centro del cosmo, non siamo più al centro della natura, e non siamo più al centro del nostro universo mentale; ecco, oggi non siamo più al centro del mondo dell’informazione. Alcuni miei colleghi questo punto non l’hanno capito: continuano a parlare del digitale pensando solo ai testi informatizzati, in modo molto “novecentesco”; si parla di internet come di una sorta di aggiornamento di Gutenberg, di “stampa 2.0”. Non è così, radicalmente: non si può ridurre la rivoluzione digitale a una sorta di rivoluzione della stampa. Secondo me si tratta di un capitolo totalmente nuovo della nostra esistenza. Siamo immersi in un nuovo habitat. Pensiamo al concetto di identità, di privacy, o all’impatto delle tecnologie sul mio modo di costruirmi e comprendermi: questo è un universo che il mondo del libro non ha modificato in modo così radicale. Se il digitale fosse semplicemente qualcosa in più del già visto, se fosse in esclusiva continuità con quello che c’era prima, non staremmo qui a discuterne. Pensiamo ad esempio al nostro modo di fare la guerra: c’è un abisso fra la Prima guerra mondiale, che è stata l’ultima delle guerre napoleoniche, e la Seconda guerra mondiale, la prima delle contemporanee. Ci sono stati avanzamenti tecnologici paurosi, ma il nostro modo di combattere è sostanzialmente in continuità con la Seconda guerra mondiale. Succede, nella storia dell’uomo, di assistere a cambiamenti straordinari: il digitale è stato uno di questi cambiamenti. E forse, in Italia, ne abbiamo avuto una consapevolezza profonda soltanto grazie alla pandemia. Nel giro di 24 mesi abbiamo capito che il digitale è uno dei cordoni ombelicali fondamentali che ci connettono al mondo e ci sincronizzano al nostro tempo. Forse il XXI secolo è partito davvero con questa pandemia. Proprio come la Prima guerra mondiale inaugura il Novecento, così la pandemia ci ha catapultati nel XXI.
Sicuramente l’impatto del digitale sul mondo del lavoro ha subìto un’impennata in questi ultimi mesi. Però, ed è curioso, già 15 anni fa, in Italia, il Movimento Cinque Stelle ipotizzava l’avvento di una democrazia diretta basata su tecnologie digitali.
La prima volta che si è usato il digitale in modo serio e influente in ambito politico è stato durante le elezioni regionali del Québec, poco prima della campagna di Obama nel 2008.
Obama, che è un uomo del XXI secolo, apprende la lezione ed è il primo presidente che parte con la raccolta di piccoli fondi in grandi quantità, con l’invio di email e newsletter; e in Italia i Cinque Stelle sono stati all’avanguardia.
Pensi che, ancora qualche anno fa, quando coi miei colleghi dicevo che mi occupavo di internet e di digitale, mi pre ...[continua]

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