Hocine Drouiche, imam della moschea “Fraternità umana” di Nimes, è vice-presidente della Conferenza degli imam di Francia.

All’indomani dell’assassinio del professor Samuel Paty, lei ha lanciato un appello accorato ai musulmani, in particolare agli imam. Può raccontare?
La questione dell’islam radicale in Francia è particolarmente complessa. Occorre tornare indietro di quarant’anni, all’inizio degli anni Ottanta, quando è cominciato l’insediamento dell’Islam politico in questo paese. All’epoca vennero costruite delle moschee, nacquero delle associazioni e anche delle scuole. Ora, siccome l’islam politico ha come obiettivo quello di esercitare comunque una forma di dominazione, di conquista, progressivamente ci si è trovati in un contesto di conflitto reale con la società locale, che casomai oggi non è particolarmente praticante ma conserva comunque la propria cultura cattolica.
Uno dei nodi è che l’Islam come religione ha una posizione dogmatica verso la laicità. Nei testi l’Islam criminalizza la separazione tra lo stato e la religione, che invece rappresenta il cuore della République.
Quindi teologicamente il tema si è posto fin dall’inizio e progressivamente, con l’aumento del numero dei musulmani e il ritorno dei giovani musulmani alla religione, questi problemi sono usciti allo scoperto.
Quello che ha reso la questione particolarmente complicata è stata l’assenza di un dibattito fondato sulla razionalità. Si è messo in un unico calderone da una parte la “verità” predicata dai testi per cui chiunque non sia musulmano sarebbe un nemico, dall’altra la storia, le crociate, il colonialismo francese... Questo ha reso impraticabile qualsiasi dialogo.
Nel frattempo si è lasciato che gli estremisti, con il loro richiamo all’odio, al conflitto, addirittura a una guerra civile, imperversassero.
Ora, le persone ragionevoli, di buonsenso, e ce ne sono tante, non si sentono rappresentate né dagli estremisti musulmani, ma nemmeno da un certo integralismo laico, che ugualmente respinge il dialogo e cerca il conflitto. Negli ultimi anni si è tra l’altro assistito a una sorta di convergenza tra islamisti e rappresentanti dell’estrema destra, ma anche dell’estrema sinistra, che hanno reso la situazione ancora più esplosiva.
È per questo che noi imam “repubblicani” abbiamo trovato il coraggio di esprimerci. Parlo di coraggio, perché non è facile prendere posizione in questo clima. Ormai basta dire una frase, una parola e si è minacciati di morte. Anche per questo sono pochi gli imam, e in generale i musulmani, che si assumono il rischio di parlare liberamente: hanno paura, non si sentono protetti.
Questo clima ha inibito la maggioranza dei musulmani, la maggioranza silenziosa, quella repubblicana, umana e tollerante, che non vuole certo imporre l’Islam all’Europa e alla Francia, ma semplicemente vivere in pace. L’appello voleva essere un modo per coinvolgere i politici, ma anche i cittadini, musulmani e non musulmani, affinché ci aiutino a uscire da questo clima di odio, da questa crisi profonda.
C’è poi il ruolo del contesto internazionale: le dichiarazioni di Erdogan e le manifestazioni nel mondo arabo-musulmano, irrompendo sulla scena francese ed europea , hanno gettato ulteriore benzina sul fuoco.
Purtroppo alla fine sarà la minoranza dei cittadini musulmani a pagare il prezzo più alto; certamente ne risentirà la stabilità della società locale, ma saranno i giovani musulmani a rimanere esclusi dal mercato del lavoro, saranno i nostri figli a vedersi rifiutare uno stage, a subire l’odio montante contro i musulmani.
È questa la situazione oggi.   
Noi da tempo cerchiamo di reagire, ma non veniamo ascoltati. I politici, il governo  continuano a far riferimento alle storiche organizzazioni di rappresentanza dell’Islam, che, operando in Francia da qualche decennio, hanno assunto un certo peso elettorale. Purtroppo c’è anche il problema del clientelismo politico. Quando interpelliamo i politici, la loro risposta tipica è che siamo ancora minoritari, che ci sosterranno quando saremo più “maggioritari”. In sostanza quello che conta non sono le nostre idee, i nostri progetti di pace, bensì il nostro peso elettorale. Questo evidentemente non aiuta.
Questa radicalizzazione quant’è influenzata dalle difficoltà del processo d’integrazione? Lei ha fatto appello a un impegno per una maggiore mescolanza. Lo stesso Macron nel suo recente discorso ha enfatizzato i rischi di questo separatismo.
L’ex primo minis ...[continua]

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