Farhad Khosrokhavar, sociologo, è autore di una ricerca sul ritorno all’islam dei giovani maghrebini residenti in Francia dal titolo L’islam des jeunes, Hachette, 1997.

Nella sua ricerca lei analizza il ritorno all’islam dei giovani di origine maghrebina, nati ed educati in Francia....
In Francia, l’islam assume una rilevanza sociologica a partire dagli anni Sessanta, in seguito alla forte immigrazione di lavoratori provenienti dai paesi arabi. Prima di allora il numero di musulmani in territorio francese era estremamente limitato. I primi musulmani che giunsero in Francia si consideravano comunque estranei alla società francese e ritenevano il loro soggiorno in questo paese del tutto provvisorio. In questa prima fase, l’islam rimase ristretto al mero culto individuale: ci si raccoglieva in case private per pregare, al massimo si apriva una piccola sala di preghiera. Il tutto senza suscitare alcuna reazione di ostilità. Qualche volta i sindacati e il padronato cercavano di favorire il culto islamico, offrendo sale di preghiera all’interno delle imprese, per attirarsi i favori dei lavoratori musulmani.
A partire dalla metà degli anni Settanta in Francia si aprì una nuova fase, quella dell’islam trapiantato, propria degli immigrati che pensavano di non tornare più nei paesi di origine. Si trattava dei genitori o dei nonni dei giovani beurs (la parola beur designa i giovani di origine maghrebina, ndr) oggetto della mia ricerca. Questi immigrati sentivano che la loro vita si sarebbe svolta e conclusa in Francia, per cui iniziarono a rivendicare un certo numero di diritti: un cimitero musulmano dove essere sepolti, la possibilità di sacrificare gli animali secondo il rito tradizionale in occasione delle grandi feste musulmane, l’apertura di sale di preghiera...
Infine, a partire dagli anni Novanta, si è avuta una nuova fase nella presenza dell’islam in Francia, quella dell’islam della seconda e terza generazione di immigrati maghrebini. In questo caso, bisogna parlare non di un solo islam, ma di tre islam, almeno. C’è in primo luogo un islam individuale, che coinvolge in particolare i giovani che vivono precariamente, facendo piccoli lavoretti, che hanno bisogno di un riferimento religioso per costruirsi un’identità e superare l’anomia delle nostre società. Questo islam non è in contrasto con la laicità della società francese, anzi trova in Francia le migliori condizioni per potersi sviluppare.
C’è poi un islam neo-comunitarista diffuso fra i giovani beurs, ed è questo a destare preoccupazioni in Francia. Sono gruppi di giovani e meno giovani che cercano di dare un senso alla propria vita aderendo a comunità, che non riproducono però la comunità dei propri genitori. Queste nuove comunità, sovente costituite in associazioni, sono infatti una specie di melting-pot e professano un islam proselitista, perché gli adepti fanno opera di conversione verso altri giovani. Gli aderenti a questi gruppi neo-comunitari affermano in maniera ostentatoria e pubblica l’identità musulmana. Tra di loro è molto forte il sentimento che i musulmani debbano aiutarsi e costituirsi in gruppo riconosciuto dalla società francese. E’ chiaro che tutto ciò pone un grosso problema alla Francia, dove tradizionalmente l’integrazione è sempre avvenuta su base individuale, non perché si era membri di una particolare comunità. La terza tipologia di islam giovanile, molto minoritaria però, è appunto l’islamismo radicale.
Allo stato attuale, il pericolo maggiore, secondo me, consiste nell’identificare tutti i giovani che si rifanno all’islam con i fondamentalisti radicali, che sono solo un’esigua minoranza. La presenza di questi tre tipi di islam fra i giovani pone dei problemi alla società francese, perché essa non ha più un’identità forte come in passato. L’entrata in Europa, un tasso di disoccupazione elevato, la scomparsa di ogni distinzione fra destra e sinistra hanno messo in crisi l’identità francese, per cui ogni minima contestazione ad essa viene vissuta come un grave pericolo per la pace sociale.
Ora, l’islam neo-comunitario tende ad attrarre proprio i giovani che si sentono esclusi, che temono di non avere alcun avvenire, che sono convinti che vivranno peggio dei loro genitori.
Fino a tutti gli anni Settanta era scontato che i figli avrebbero avuto un futuro migliore di quello avuto dai genitori. Questo oggi non è più così evidente. L’identità islamica diventa allora una specie di sostituto per i giovani tagliati fuori ...[continua]

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