La notte fra il 3 ed il 4 giugno 1989 il governo cinese reprime il movimento studentesco sulla piazza Tiananmen. La reazione violenta delle autorità turba Liao Yiwu, fino ad allora disimpegnato poeta surrealista, e lo induce a comporre il poema “Massacro” e, l’anno successivo, a produrre con degli amici un video di performance art ispirato alle vicende del giugno 1989. Il video gli costa l’arresto e la condanna a quattro anni in carcere. Rilasciato nel 1994, Liao Yiwu scrive ora prevalentemente in prosa, raccogliendo le testimonianze di persone provenienti dagli strati inferiori della società cinese. Nel maggio del 2008 il terremoto colpisce il Sichuan e Liao, che vive non lontano dall’epicentro, intraprende la stesura di una serie di interviste ai sopravvissuti. Le sue opere sono illegali in Cina ma circolano numerose in copie piratate. Liao Yiwu è stato fra i primi firmatari della Carta 08, un documento che invoca riforme politiche nella Repubblica Popolare Cinese circolato sulla rete cinese agli inizi di dicembre 2008. E’ spesso soggetto a misure di sorveglianza e le autorità cinesi continuano a negargli il rilascio del passaporto.

Dove ti trovavi mentre accadevano i fatti del 4 giugno?
Mi trovavo a Chongqing. All’epoca non mi interessavo di politica, attivismo o proteste. Quando però il governo cinese aprì il fuoco sulla piazza Tiananmen, m’infuriai. Chiunque dotato di un minimo di coscienza non può tollerare che si spari sulla popolazione. Prima di andare in carcere ero un poeta, scrivevo principalmente poesie surrealiste. All’epoca pensavo che la realtà della Cina non fosse affar mio. Componevo le mie poesie, avevo di che mangiare, e l’indifferenza alla politica, alla società, ed alla gente comune mi pareva accettabile. Molti intellettuali e poeti nella Cina contemporanea continuano a pensarla così, e si comportano di conseguenza. Si limitano a scrivere le loro poesie. All’epoca avevo anche vinto parecchi premi letterari ed occupavo una posizione niente male nell’ambito del sistema letterario ufficiale. Ero un poeta molto conosciuto. Poi, il 4 giugno, le autorità aprirono il fuoco contro la popolazione civile. Questo fatto ha sconvolto la mia vita, tracciando una netta linea di demarcazione nella mia opera poetica. Dopo avere composto il poema Massacro, da poeta sono divenuto (agli occhi del governo) un criminale. Prima di andare in prigione non avevo idea di come fosse la gente dei bassifondi. In prigione ho incontrato ogni sorta di criminali, persone accusate di omicidio e stupro, individui assediati dai debitori, gente così. Ho dovuto imparare a conoscerli. E’ stata dura, ci scontravamo spesso. Quattro anni di carcere mi hanno trasformato, sono diventato uno di loro. Non potevo più comporre poesie. La detenzione mi ha aiutato a cambiare, ed ho cominciato a scrivere di queste persone. La mia opera attinge alle mie esperienze di vita.
L’esperienza del carcere ti rende diverso dagli altri nel tuo vissuto quotidiano?
Ti faccio un esempio. Quando scrivo di un assassino o di un ladro, mi preoccupo sempre che essi non siano meramente percepiti come dei criminali, e che si riescano a cogliere le motivazioni che li hanno indotti ad agire in un certo modo. Mi piacerebbe che il lettore riuscisse a intuire la fonte della loro umanità ed anche l’origine della loro sanità. Vivendo in una tale società, i cinesi sono tali e quali a degli infermi. A seguito di certi fenomeni che si stanno producendo nella nostra società, le cause di certe malattie, i semi di alcune infermità stanno riapparendo.
Prima che l’assassino uccidesse qualcuno, era una persona normale come te e me. In questo senso, non penso di essere diverso dalla gente comune. Oggi penso che l’aspetto fondamentale per una persona sia la sanità del corpo, del cuore e della mente. Non si deve crollare a causa degli stenti patiti o per via dell’odio che si prova. La salute è fondamentale.
Pensi spesso al fatto che potresti tornare in prigione un giorno?
Se venissi incarcerato perché ho fatto un discorso, ho appeso uno striscione per la strada o mi sono in qualche modo opposto al governo, forse penserei che non ne vale la pena. Io però sono uno scrittore, se la mia opera dispiace al governo ed il governo vuole per questo punirmi, non posso che rassegnarmi. Non ho paura di soffrire per qualcosa che amo, ho la coscienza pulita. E penso che valga la pena di soffrire a causa di ciò che scrivo.
Ritieni che i fatti del 4 giugno siano a ...[continua]

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