Abdesselam Cheddadi insegna all’Università Mohammed V di Rabat. Recentemente ha curato, per le edizioni francesi ‘La Pleiade’, la traduzione del Kitab al-sibar (‘Il libro degli esempi’), opera principale del filosofo arabo medioevale Ibn Khaldûn.

Innanzitutto, chi era Ibn Khaldûn?
Ibn Khaldûn è stato un importantissimo esponente della cultura araba e islamica medievale, si è occupato di una miriade di cose e soprattutto ha cercato di capire le dinamiche delle società umane a partire da quelle che conobbe direttamente, cosicché, probabilmente, è stato l’iniziatore di quella che potremmo chiamare “filosofia sociale”.
Era nato a Tunisi nel 1332 in una famiglia di alti funzionari di origine andalusa che erano al servizio della dinastia Hafsides. In questo ambiente altolocato, in un’atmosfera piuttosto religiosa e colta, trascorse la giovinezza, educato dal padre, cultore di letteratura, e da un certo numero di istitutori, che si recavano a casa sua per gli insegnamenti riguardanti il Corano, la lingua, la grammatica, la poesia, il diritto e altre cose del genere. Quando aveva circa 18 anni accaddero però due avvenimenti importanti: la conquista della Tunisia da parte di Abu al-Hasan, sultano del Marocco, e una grande epidemia di peste, in cui morirono i genitori e alcuni dei suoi maestri. Rimasto solo con due fratelli -Muhammad, il maggiore, e Yahyâ, il minore-, ebbe però la fortuna di trovare nel seguito del sultano del Marocco un certo numero di persone colte, presso le quali poté continuare i suoi studi. In particolare studiò con Al Abilî, un importante pensatore che era anche un grande matematico e teologo, cui probabilmente si deve la parte più importante della sua formazione filosofica. Nel frattempo, però, Abu al-Hasan era stato a sua volta sconfitto, nella battaglia di Qairouan, da una tribù araba ed era rientrato in Marocco, dove venne spodestato dal figlio, Abû Inân. Questi cambiamenti fecero sì che in Tunisia un nuovo re prendesse il potere e proprio questo nuovo re chiese a Ibn Khaldûn di diventare cancelliere, cioè colui che poneva il sigillo sulla corrispondenza del sultano. Ibn Khaldûn temporeggiò, sia perché riteneva che questo posto fosse inferiore al rango della sua famiglia, sia perché voleva seguire i suoi maestri, rientrati in Marocco, e, approfittando di una campagna militare del re, scappò appunto in Marocco, dove Abû Inân l’accolse a braccia aperte, nominandolo segretario, ma ancora una volta Ibn Khaldûn ebbe qualche reticenza, sempre per il fatto che pensava che una tale carica non corrispondesse al suo rango. A Fez, inoltre, Ibn Khaldûn aveva stretto amicizia con dei principi hafsides esiliati in Marocco e proprio questa amicizia lo portò ad essere incarcerato con l’accusa di complottare, assieme a questi principi, contro il re e la corte. Quando però, dopo circa due anni, Abû Inân morì e cominciò un periodo di notevole confusione politica, causata dallo scontro fra i vari pretendenti al trono, Ibn Khaldûn venne liberato.
Approfittando di questa confusione politica, un principe musulmano andaluso, sostenuto dai principi cristiani, partì alla conquista del Marocco, che avvenne facilmente anche perché molti membri della corte marocchina erano stati convinti proprio da Ibn Khaldûn a passare dalla parte di questo principe andaluso, il quale per ricompensarlo lo nominò, con sua soddisfazione, Gran Segretario. Sfortunatamente, però, poco dopo, questo re andaluso venne assassinato e l’uomo influente del nuovo governo, nonostante fosse un vecchio amico di Ibn Khaldûn, pensò bene di retrocederlo al vecchio posto di segretario. Ibn Khaldûn si arrabbiò molto per questa retrocessione, che giudicava offensiva, nacquero dei dissapori col nuovo ministro e alla fine Ibn Khaldûn decise di lasciare il Marocco per andare a Granada, col cui re era in relazione. A Granada venne ricevuto coi più grandi onori, gli vennero concesse delle terre e un palazzo, per cui Ibn Khaldûn decise di fermarsi e si fece raggiungere dalla sua famiglia. Durante questo periodo venne inviato come ambasciatore presso Pietro il Crudele, il re di Siviglia, città d’origine della sua famiglia. Anche a Siviglia, grazie al fatto che uno studioso ebreo che l’aveva conosciuto a Fez aveva parlato elogiativamente di lui al re, fu accolto con molti onori ed il re gli propose di restare, nel qual caso avrebbe avuti restituiti i beni della famiglia. Ibn Khaldûn però rifiutò e tornò a Granada, ma non vi restò molto perché, s ...[continua]

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