Gli articoli furono scritti fra il novembre 1916 e il maggio 1917. Essi, è specificato nel primo numero, «non saranno firmati che da pseudonimi [...] a evitare che la collaborazione nel giornale, che serve soprattutto a diffondere buone e nobili idee, non si scambi invece in una odiosa e inopportuna smania di far pubblico il proprio nome».
L’iniziativa era germogliata fra i ragazzi del Liceo classico Michelangelo in casa Rosselli (via Giambologna, 2). «Le riunioni giovanili in casa
nostra erano piene di elettricità», ricorda Amelia Rosselli Pincherle, la madre di Carlo e di Nello. Quell’elettricità era un’adesione ardente a quella che dai democratici era ritenuta non solo l’ultima guerra del Risorgimento, ma anche una giusta guerra di redenzione dall’assolutismo degli imperi germanici, oppressori delle nazionalità nell’Europa centrale. Nel mensile, l’impegno politico e letterario s’intrecciavano. Quei liceali si proponevano di manifestare partecipazione alla temperie di guerra, di testimoniare uno stile di vita conforme alle prove dei compagni maggiori al fronte, di sollecitare i coetanei ad avere coscienza dei sacrifici accettati coraggiosamente dai soldati combattenti, e di trarne le conseguenze per la loro condotta. Gualtiero Cividalli, futuro padre di Bona e Lia, e Nello Rosselli presero su di loro la redazione del mensile. Gualtiero, con un ben evidente proposito di elevata pulizia interiore, propose la testata «Noi Giovani», come lui stesso ricorda in una nota dattiloscritta del 29 maggio 1983; era infatti il titolo di un libro di Hans Wegener, che trattava del problema sessuale, sostenendo la tesi della necessità della castità prematrimoniale, anche maschile. Dallo stesso libro Gualtiero prese il motto «Purezza, Forza, Amore» che appare nella testata, mentre l’altro motto che pure vi appare: «Non volge chi a stelle è fiso» fu indicato da Nello e prefigura il carattere fermissimo del futuro antifascista intransigente [...].

Accenti ingenui e caricati, ma leggendo quelle composizioni non bisogna scordare l’atmosfera di elevati sentimenti patriottici che animava la famiglia Rosselli e la tragedia che per quei sentimenti l’aveva colpita. Aldo, il fratello maggiore, il 27 marzo dell’anno precedente, era caduto, non ancora ventunenne, medaglia d’argento al valore militare, in azione sul fronte della Carnia col grado di tenente di fanteria. Prima ancora d’essere richiamato, aveva volutamente scansato il privilegio di servire nella Croce Rossa, perché studente in medicina. Alla madre che gli rammentava quell’opportunità ebbe a rispondere: «Ti pare che potrei mai rassegnarmi a fare il ‘pappino’, al sicuro, dopo aver gridato per mesi in piazza ‘Viva la guerra’ e che migliaia di disgraziati che non sanno perché la fanno, che non l’hanno né voluta né invocata sono mandati al fronte? Ti parrebbe che sarebbe bello?».

Dal saggio Così nacque "Noi giovani”
di Gualtiero Cividalli e Nello Rosselli
di Francesco Papafava, Le Monnier 2002