La "Bestia” è il treno, o meglio lo sgangherato sistema ferroviario, messicano. A bordo dei treni merci transitano centinaia di migliaia di migranti centroamericani diretti a Nord, che trovano al termine del loro transito il "Muro” che Trump sta estendendo e rinforzando sul confine col Messico.

La regione centroamericana, dall’istmo di Panama al Rio Grande -il fiume che separa il Messico dagli Stati Uniti- è una regione percorsa da intensi flussi migratori, sospinti dalla povertà e dalla violenza, e attratti dalla ricchezza del grande nord del continente. Ci vivono (2018) circa 180 milioni di abitanti, 130 in Messico e 50 milioni nei sette stati minori (Guatemala, San Salvador, Belize, Honduras, Nicaragua, Costarica e Panama), molti dei quali devastati da conflitti interni, recenti o attuali. È una delle regioni più violente del pianeta, nella quale la frequenza degli omicidi (indicatore che curiosamente non compare mai negli indicatori sul benessere -o malessere- dei paesi) è altissima (23 ogni 100.000 abitanti in Messico, 64 in Honduras, 109 in El Salvador¹). Povertà, violenza, conflitti sono fortissimi fattori di spinta all’emigrazione.

La diaspora dal Centroamerica
Secondo le stime delle Nazioni Unite, nel 2017, la diaspora² dal Messico e da Guatemala, San Salvador e Honduras (per brevità paesi Tnca, ovvero "Triangolo Nord del Centro America”, contigui al Messico, che hanno alta mobilità) era di circa 15 milioni, per oltre il 90% residenti negli Stati Uniti³. Si tratta di una diaspora che costituisce la parte più rilevate della popolazione che risiede irregolarmente negli Stati Uniti, che motiva la politica migratoria di quel paese e che pone ostacoli non indifferenti ai timidi sforzi per dare ordine ai caotici flussi migratori del mondo4. Tuttavia, per l’imprecisione o l’inesistenza di statistiche adeguate, poco si sa circa l’andamento dei flussi migratori che hanno generato le dimensioni della diaspora (lo stock di migranti). Si stima che il saldo migratorio tra Stati Uniti e Messico sia oggi pressoché nullo. Conseguenza, da un lato, del forte aumento dei rientri (generato dalla crisi economica degli Usa nel 2008 e negli anni seguenti e dai più frequenti respingimenti e deportazioni) e, dall’altro, delle minori partenze dovute alla crescente difficoltà di entrare in America del nord. Nettamente negativo è invece il saldo migratorio dei paesi Tnca e del Nicaragua, mentre avrebbero un bilancio migratorio positivo Costarica e Panama.
Per i Messicani la crescita risulta continua fino alla crisi (da 6 a 12 milioni dal 2005 al 2009), viene poi interrotta dalla recessione e, successivamente, lo stock di migranti rimane all’incirca costante, tra gli 11 e i 12 milioni. Per i Centroamericani, invece, a parte un’inflessione dovuta alla crisi, presto recuperata, la crescita è continua, e lo stock migratorio supera i 3,5 milioni nel 2017. Una parte rilevante di questi ladinos sono undocumented (irregolari): soccorrono ancora le stime fatte negli Stati Uniti, secondo le quali la metà degli 11,3 milioni di migranti undocumented che vivono negli Stati Uniti sono Messicani (5,6 milioni) e il 15% provengono dagli altri paesi del Centro America. Su gran parte di questi irregolari pende la spada di Damocle degli orientamenti dell’amministrazione Trump in merito ai respingimenti e alle deportazioni.

Contro il Muro, attraverso il Messico
La frontiera Messico-Stati Uniti si sta chiudendo, non solo in conseguenza delle normative sempre più restrittive per la migrazione legale, ma anche per il rafforzamento delle misure operative e fisiche che ostacolano i flussi irregolari, quali il potenziamento della polizia di frontiera, dei pattugliamenti, dei sistemi elettronici di sorveglianza e controllo, delle barriere ai varchi, e la costruzione del muro. Nel decennio 2007-2016 ben 2,6 milioni di Messicani e 0,8 milioni di cittadini Tnca sono stati "deportati” verso i paesi di origine. Ma l’incentivo a tentare l’avventura, soprattutto dal Centroamerica, rimane alto: è stato calcolato che le rimesse degli emigrati valgono circa il 15% del Pil dei paesi Tnca, e una quota elevatissima del reddito disponibile delle famiglie di origine.
Il flusso migratorio che proviene dai paesi Tnca, cui si aggiungono flussi minori dagli altri paesi dell’America centrale e meridionale, dai Caraibi e perfino dall’Africa, riesce ad arrivare in Messico attraverso il confine col Guatemala, dopo viaggi assai avventurosi sop ...[continua]

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