La lettura o rilettura degli scritti di Chiaromonte rivela come egli fosse precocemente pensoso sin da prima di lasciare l'Italia. Se nel 1925, a vent'anni, aveva già pubblicato qualche cosa sul Mondo di Giovani Amendola, gli articoli, che dal I932 al 1934 invio' ai Quaderni di Giustizia e Libertà di Carlo Rosselli, si distinguono per un'impostazione obbiettiva che precorre alcuni elementi del dibattito storiografico di quest'ultimi anni.
Chiaromonte non aveva dubbi circa la mediocrità spirituale del fascismo e la sua rozzezza morale. Ma avvertiva l'errore di tanti antifascisti che, per eccesso di disprezzo del nemico, finivano col perdere, specie in esilio, il senso delle difficoltà reali dell'opposizione e non si accorgevano dei propri errori.
Questi problemi, secondo il convincimento di Chiaromonte, andavano affrontati con spirito socialista e libertario e sul piano non nazionale, ma perlomeno europeo: europeo non nel senso che possano essere risolti dalle cancellerie dei paesi del vecchio continente (e neppure, aggiungeva, da quella americana) sibbene nel senso del sorgere d'una coscienza europea, supernazionale, fra i popoli, e per cominciare fra gli uomini che, mettendosi alla loro avanguardia, se ne vogliono fare banditori.
E' facile constatare, retrospettivamente, che Chiaromonte, nel mentre prevedeva, sin dal 1933, in uno degli scritti che abbiamo citato, le future capitolazioni delle diplomazie francese e britannica davanti alle dittature aggressive del fascismo e del nazismo, sottovalutava l'urgenza della lotta politica volta ad indurre, attraverso l'agitazione e la propaganda fra le pubbliche opinioni, almeno qualcuno fra i governi democratici (che saranno, in definitiva, l'inglese e l'americano) a resistere con le armi alle immancabili aggressioni belliche già che la guerra sarebbe tornata e che bisognava prepararsi a farne la tomba del fascismo e del nazismo, anche se per intanto occorreva auspicare non la guerra stessa, bensì la coalizione delle forze di pace.
I dissensi che nel 1935 divideranno Chiaromonte da «Giustizia e Libertà» sono stati precisati da Garosci, nella sua Vita di Carlo Rosselli. Essi riflettevano anche la diversità dei temperamenti; prevaleva in Rosselli l'esigenza dell'azione e della lotta politica, e quella della meditazione in Chiaromonte.
Chiaromonte stesso aderiva, peraltro, alla concezione dell'antifascismo, che caratterizzava proprio Rosselli, scrivendo che occorreva farne «una questione analoga a quella che Mazzini riuscì a fare dell'unità italiana, una questione interessante tutti i valori dell'uomo, tutti i modi della vita, la cultura, l'economia, la politica, l'arte, sollevare contro il fascismo il senso della modernità così vivo (e così spesso traviato ad ammirare il più' recente) nelle generazioni di giovani di tutti i paesi, rivoltare contro la tirannia tutti i valori delle rispettive tradizioni nazionali...»
Non si riuscì a farlo, se non in misura insufficiente. Il fascismo e il nazismo furono sconfitti, in guerra e in politica, ma la democrazia non si rinnovò radicalmente, nelle sue idealità e nella sua prassi. Ne vennero il successo, transeunte se si vuole, ma non, perciò, meno gravido di conseguenze, dello 'stalinismo' e la diffusione del conformismo. Chiaromonte avversò coraggiosamente, instancabilmente, questo e quello, sfidando, in certi momenti, un isolamento più pesante di quello che gli antifascisti avevano dovuto sfidare durante il ventennio.
L'opposizione al diffondersi dello stalinismo fra gli intellettuali ebbe le sue più alte coscienze critiche in Ignazio Silone, Nicola Chiaromonte, Aldo Garosci e ...[continua]
Esegui il login per visualizzare il testo completo.
Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!