Guido Scorza è avvocato e dottore di ricerca in Informatica giuridica e Diritto delle nuove tecnologie. Insegna presso diversi atenei, tra cui l'Università di Bologna, La Sapienza di Roma, la Scuola Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e la European School of Economics. Scrive, tra gli altri, per L’Espresso, Wired.it e Punto Informatico. Qui il suo blog.

Cos'è il diritto all'oblio?
Tradizionalmente quando si parla di diritto all'oblio, si intende il diritto a che nessuno riproponga nel presente un episodio che riguarda la nostra vita passata e che ciascuno di noi vorrebbe, per le ragioni più diverse, rimanesse semplicemente affidato alla storia.
In realtà, poi, ci sono due diritti all'oblio. Il primo è quello tradizionale, sul quale abbiamo già una giurisprudenza. Per fare un esempio: se un regista decide di fare un film su un ex-terrorista – che magari ha espiato la sua condanna e si è rifatto una vita –  riportando nell'attualità una vicenda che è sepolta nella memoria dei più, ha dei limiti imposti dal diritto. La giurisprudenza, in questo caso, salvo un interesse attuale nella riproposizione di questa storia, sostiene che prevale il diritto del singolo.
Oggi, invece, quando si parla di diritto all'oblio in Rete lo si fa con un'accezione un po' diversa, e questo è parte del problema anche dal punto di vista giuridico. In questo caso non si parla più del diritto di ciascuno a che altri non ripropongano fatti del passato, ma si discute anche della circostanza che ognuno avrebbe il diritto a riprendersi, diciamo così, dei tasselli della propria storia che sono pubblicati on line. Il problema in questo caso sorge, non perché nel 2012 qualcuno sceglie di parlare di qualcosa avvenuto nel 1990, ma semplicemente perché, per come funziona Internet, l'informazione si stratifica. Quindi, oggi, quando si parla di diritto all'oblio in Rete lo si fa con un'accezione diversa: il diritto a chiedere di togliere da Internet un'informazione pubblicata per la prima volta nel 1990.
Anche guardando a quello che sta succedendo in Ue –in Italia abbiamo un disegno di legge dell'onorevole Lussana – non si chiede di vietare a qualcuno di riproporre una storia del passato ma, piuttosto, di "disindicizzare” dall'archivio storico di un giornale, o dagli stessi motori di ricerca, un contenuto che riguarda il passato di un singolo. È di pochi giorni fa la vicenda, pubblicata sul Corriere della sera, di un ex brigatista rosso, pentito, e oggi professore di Economia, che lamenta la presenza in Rete di una serie di informazioni che lo riguardano e che gli creano problemi nella sua vita attuale. Basta mettere nome e cognome su Google e, oltre alle informazioni accademiche, esce l'articolo che parla di lui come terrorista.
Lei avanza qualche perplessità su questo diritto, contrapponendogli il diritto alla storia. Può spiegare?
La mia sensazione è che questo tema, che naturalmente ha dei risvolti giuridici, si porti dietro anche importanti temi sociologici. È un errore, a mio avviso, classificarlo come un problema di diritto all'oblio in senso tecnico, visto che si parla più precisamente del diritto ad essere "dimenticati”, in tutto o in parte. Personalmente, questa cosa mi piace poco, proprio perché stiamo parlando di rimuovere dallo spazio pubblico un'informazione reale, veritiera e corretta, che quando è stata pubblicata era di sicuro interesse di cronaca e di sicuro interesse pubblico. E il tutto in nome dell'interesse del singolo.
Per questo io aggiungo sempre un tassello: attenzione al diritto alla storia. Perché in realtà la nostra storia ce la racconteranno, ce la racconteremo, su Internet, o comunque in digitale. Ecco, se facessimo passare questo principio che ciascuno di noi può riprendersi tutte le informazioni che lo riguardano pubblicate da terzi, fra quindici anni quando qualcuno (ammesso che Internet esista ancora) volesse ripercorrere la storia degli anni Duemila attraverso l'informazione on line, probabilmente trarrebbe l'errata conclusione che la nostra è stata un'età felice vissuta da gente per bene. È ovvio, infatti, che potendo, ciascuno andrà a togliere quello che non gli piace, in modo da avere la migliore "reputation” on line possibile. Per questo, al diritto all'oblio, io contrappongo sempre il diritto alla storia.
Va allora trovato un punto di contemperamento tra il diritto del singolo, classificato come diritto alla privacy o all'identità personale, il diritto della collettività che è dir ...[continua]

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