Jean-François Julliard, segretario generale di Reporters sans frontières lancia un appello affinché la giovane libertà della stampa conquistata in Tunisia venga rafforzata anche con l'aiuto dell'Europa.

Oggi, nella capitale tunisina, le edicole hanno un profumo di pluralismo che era inedito fino a due mesi fa. Per la prima volta i giornalisti sono liberi di scegliere i soggetti dei loro pezzi. Un reporter della televisione nazionale racconta: «Sono più di trent'anni che lavoro per dei mezzi di comunicazione, ma solo da qualche giorno sono giornalista».

I tunisini hanno la parola. Imbrigliata durante anni, ora vogliono raccontare, testimoniare, commentare. I media sono pieni di emissioni del tipo "L'antenne aux auditeurs" (La trasmissione degli ascoltatori) dove tutti si possono esprimere, a volte anche con virulenza. I sindacati possono finalmente fare la loro parte perché i giornalisti siano pagati decentemente e abbiano dei contratti. 
Ma questa libertà resta fragile ed è nostra responsabilità proteggerla. La censura non completamente scomparsa. In alcuni redazioni criticare il nuovo Governo non è permesso. Due trasmissioni sono state annullate perché hanno lasciato la parola a personalità considerate incontrollabili. «Per più di vent'anni abbiamo avuto tutti un piccolo Ben Ali sulle spalle. Ora non c'è più, ma abbiamo ancora l'abitudine di controllare se qualcuno ci sorveglia», ha detto un giornalista di una ex radio clandestina.

I principali direttori dei mezzi di comunicazione non sono cambiati, solo che oggi cantano le lodi della Rivoluzione. Ma le vecchie linee guida sono le stesse: le violenze commesse dalla polizia e la corruzione restano dei soggetti poco trattati dai grandi media.

Bisogna rapidamente consolidare quello che è stato acquisito dalla giovane rivoluzione tunisina. Riformare la legge, creare delle strutture indipendenti di regolazione dei media, formare i giornalisti: tutte condizioni necessarie per far si che la libertà non finisca così come è iniziata. 

Il Governo francese ha perso ogni credito agli occhi dei tunisini. Ma rifiutare l'ingerenza non significa indifferenza. Le Ong, gli intellettuali e gli artisti dovrebbero essere in prima linea per rinforzare i democratici tunisini. Ancora non hanno fatto nulla. Mobilitiamo le nostre forze perché questo movimento storico nel mondo arabo possa dar vita a un vero spazio di libertà e di dibattito.



Jean-François Julliard, segretario generale di Reporters sans frontières
(Le Monde, 23 febbraio 2011)