«Altri dicono che "una città" non suona locale, che suona una qualunque, quindi tutte, che è molto bello, e soprattutto che è comunque una follia cambiare una testata che è un patrimonio». Aggiungo che per me non suona come «una qualunque, quindi tutte», ma come «una città possibile», da costruire con grande fatica e forse con poco o nessun successo. Anche quelli che non si sentono anticomunisti come voi hanno dovuto rinunciare alla prospettiva della «città futura» di Gramsci. Ma «una città», via, non è una città qualunque. Su «domande» per ora non mi pronuncio esplicitamente. Con affetto.
Luca
carissime/i so che prima di sconvolgere pensate e ripensate a lungo, in solitudine e nel bel gruppo locale che vi invidio. Ma così, a caldo mi spiace molto per l'abbandono del nome della testata che avevo interiormente elaborato all'epoca del primo numero del fratello minore Bz1999 che così apriva nel giugno 1996: "Benvenuti a Bolzano, una delle tante città. Noi pensiamo che guardando nel profondo della sua vita, dei suoi dolori e delle sue aspirazioni, si può capire il mondo. Ogni avvenimento, apparentemente lontano, raccontato da televisione e giornali, trova nella città, in ogni città forse, un originale luogo di incubazione o di riproduzione: il conflitto etnico o razziale e la costruzione di modelli di convivenza, l'emarginazione e l'impoverimento di fasce crescenti di popolazione, l'ideazione di attività produttive fuori e oltre il mercato, la dipendenza consumistica e l'affinamento di nuove sensibilità. E non si possono capire le tragedie che ci appaiono lontane, e per questo ci lasciano a volte indifferenti, senza aver costruito com'è nella autentica cultura popolare un buon parametro di giudizio artigianalmente formato in loco e in proprio". Continuo a credere che una delle difficoltà maggiori e forse insanabile della politica italiana è proprio questo disprezzo per il locale (vedi editoriale oggi di Mario Pirani), che complica un po' molte le cose ma fornirebbe percorsi di coinvolgimento reale nelle decisioni che sono alla base di ogni fatto democratico.... Ma mi adeguerò come sempre per semplice amicizia.
Edi Rabini
Di fronte ai cambi editoriali sono sempre un conservatore, quindi anche dopo aver letto le vostre proposte mi chiudo a riccio. In ogni caso siccome sono sempre messo in minoranza e visto che alla fine scelgono inevitabilmente (e giustamente) le persone che il giornale lo fanno, se proprio volete procedere ai cambiamenti indicati, per quanto riguarda il nome proporrei "punto interrogativo". Domande è proprio brutto... Colgo l'occasione per suggerirvi (se non l'avete già fatta nel periodo in cui non leggevo più il mensile) una intervista sulla "decrescita felice" a Maurizio Pallante...
Ciao, Sergio
Salve, sono Stefano Ignone, e da novembre tornerò a lavorare in redazione dopo un anno di assenza. Non ho partecipato alla discussione sulle modifiche, ma mi permetto di esprimere alcune impressioni. Credo che la proposta di cambiare formato sia legittima, in gran parte per i problemi "tecnici" di cui si è detto; d'altra parte, è altrettanto comprensibile la difesa di chi ritiene il formato una delle caratteristiche fondamentali della rivista, che sembra voler richiedere al lettore una pazienza in più, un'attenzione maggiore, una forma di "amore che supera le difficoltà"... insomma, qualcosa di romantico. Credo però che qualora si decidesse di cambiare il formato, non si dovrebbe intervenire anche sulla testata; i cambiamenti sarebbero troppi, per una rivista il cui fascino risiede anche nel modo di presentarsi (formato "anomalo"; nome "anomalo"). Ad ogni modo, "domande", nonostante sia forse più attinente con i contenuti, mi sembra un titolo poco distintivo, che non resta impresso (al contrario di "una città"...).
Stefano
Carissimi, vi scrivo le mie prime impressioni su quanto avete scritto. Il formato "ridotto" secondo me si presta bene ad una rivista mensile. Sarebbe ancora un bel formato che in pochi adottano (così grande forse lo fa Lettera Internazionale) e le foto secondo me non risultano sacrificate. Ho ripreso in mano vecchi numeri di Linea d'Ombra, ma anche di Internazionale e graficamente si lasciano apprezzare molto. Per quanto riguarda il cambio di testata quando ne iniziammo a discutere ero molto affezionato a Una Città, in quanto tale e ...[continua]
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