Pochi mesi dopo la rivoluzione dell’Ottobre ‘17 (guidata dai comunisti "bolscevichi” ed appoggiata dagli anarchici, dai socialrivoluzionari di sinistra, dai comunisti consigliaristi e dai socialisti "menscevichi” di sinistra) la centralizzazione statuale attuata dai boscevichi provocò le proteste delle altre forze rivoluzionarie, a cui il governo leninista rispose con arresti sempre più massicci e con l’apertura dei primi campi di lavoro coatto (gulag).
La conversazione riporta parte del dialogo avvenuto su tali temi fra Lenin e l’anarchico italiano Armando Borghi, delegato italiano al congresso dell’Internazionale Sindacale Rossa, tenutosi a Mosca nel ‘20 (nella foto: L’arresto per strada di un socialrivoluzionario, 1921).
Senza preamboli, come se la conversazione fosse stata interrotta a quel punto, Lenin mi pose questa domanda:
"Dunque voi siete nemico della centralizzazione?” 
Quel modo di cominciare mi sollevava. Con poche parole eravamo al centro della polemica storica tra socialisti ed anarchici. 
"Avete ragione. Può un anarchico essere per la centralizzazione?” (…) 
"E se la libertà uccidesse la rivoluzione?” 
"La tirannia, allora, caro Lenin, sarebbe insopprimibile? E la rivoluzione sarebbe un male?” 
Lenin pronto: "Ma la rivoluzione è un atto chirurgico, e l’ammalato una volta operato sta a letto per un po’ di tempo” 
"L’ammalato sì, ma il dottore?” 
"Il dottore veglia ed è schiavo dell’ammalato!” 
"Ma il dottore non mette a letto i sani”. 
(Armando Borghi: Mezzo secolo di anarchia, 1954) 
            
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Lenin e Borghi
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