Simonetta Cicognani ha quasi quarant’anni, è italiana, ma vive in Sudafrica da più di trenta.

Adesso sappiamo che non è successo niente, ma prima delle elezioni credo che tutti avessero paura di quello che poteva accadere in quella settimana in cui s’è votato. Intanto c’era una grande confusione già negli aspetti ufficiali delle elezioni: nascevano ogni giorno partiti nuovi, tanto che da dieci diventarono diciotto. Addirittura un partito fu dimenticato nella stampa delle schede e così all’ultimo momento in ogni scheda fu aggiunta una strisciolina di carta col simbolo del partito che mancava. Poi c’era il problema delle elezioni regionali che avvenivano in contemporanea e che portavano con sé ulteriori tensioni perché non erano chiari i confini di queste regioni e non si sapeva, nei territori più lontani, a quali regioni appartenessero certi seggi. Questa confusione si aggiungeva al fatto che per la prima volta così tanta gente sarebbe andata a votare e non mi riferisco solo ai neri, ma anche ai bianchi perché di solito pochissimi votavano, credo un quinto di quelli che avevano diritto. La paura più grossa era naturalmente per quello che avrebbero potuto fare gli estremisti bianchi. L’esito delle elezioni era abbastanza scontato e quindi il dubbio era se gli Afrikaner avrebbero accettato un governo ufficiale di neri o se avrebbero tentato di creare il caos per impedire la svolta. E c’erano problemi anche fra le varie etnie nere. L’impressione era che non sarebbe stato difficile far saltare le elezioni perché in molti non le volevano. E’ andato tutto bene, ma la paura era tanta.

In una situazione come quella del Sudafrica ti sembra già un miracolo quello che è accaduto e ancor di più che sia accaduto pacificamente, però non è che si possa vivere a lungo solo accontentandosi di essere riusciti per la prima volta a fare votare tutti! Adesso cominciano i veri problemi e sono tanti. Il governo di Mandela non ha esperienza, le questioni economiche, finanziarie, legislative sono complesse e devono essere affrontate con rapidità altrimenti la crisi economica e la svalutazione già gravissime faranno esplodere il paese. Noi sappiamo che se questo sarà un buon governo lo vedremo solo fra cinque o dieci anni, però intanto c’è il problema delle promesse. Mandela aveva dichiarato che avrebbe dato a tutti un tetto. E’ una cosa giusta, però è da fare. Prima di tutto bisogna costruire le case, tante case per togliere la gente dalle baracche. Per costruire una casa ci vuole almeno un anno, se è un condominio grande ci vogliono due anni. Poi le devi distribuire. E allora devi tenere conto di chi ha più bisogno, e ci sono milioni di persone nelle stesse condizioni; devi stare attento a non favorire una tribù o una etnia -solo fra i neri ce ne sono almeno una dozzina- poi devi costruire in tutte le aree geografiche perché non sembri che qualcuno è avvantaggiato.
Un’altra promessa era il lavoro e anche qui non sarà facile. E’ il problema di tutto il mondo e nel nostro paese sarà ancora più difficile. Adesso quando una ditta assume non può assumere chi gli pare, ma deve rispettare delle proporzioni fra bianchi, neri ecc. Non solo, ma queste proporzioni vanno rispettate anche all’interno delle qualifiche, per cui non è che uno assume i neri per fargli fare le pulizie e i bianchi per fargli fare gli ingegneri. Tutto questo sarà anche giusto, sarà anche un modo per rimediare alle disuguaglianze create dall’apartheid, però chiunque capisce che non può funzionare, che è troppo macchinoso, che creerà altri problemi. Ho sempre paura a parlare di queste cose, perché so come è pesante il giudizio del mondo sulla storia del Sudafrica, anche se se n’è parlato spesso senza conoscere la realtà. So bene che se dico che i neri hanno una certa mentalità nei confronti del lavoro tu penserai che sono una razzista. Però se vogliamo che questo paese, che per me è meraviglioso, non sia travolto dalla crisi economica e da tutto quello che ne può seguire, non dobbiamo nasconderci la verità. Non faccio un discorso moralistico, so qual è la nostra storia, però è un fatto che l’idea di lavorare duramente per nove ore al giorno è molto lontana dalla loro attuale mentalità. L’impressione che ho io è che per molti neri stare in un posto di lavoro per tante ore sia già il massimo; la resa, il risultato del lavoro sembra non interessare. E questo mi pare vero negli uffici più che nei lavori manuali, dove c’è più possibilità di controllare la p ...[continua]

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