Questo Natale non è stato come gli altri.
È ancora carico di significato. Come Maria, conserviamo tutte le cose che ci sono successe. Proseguiamo quella meditazione che lei iniziò nel suo cuore. Il significato, come una spada, ci trafigge. Il Verbo prende questa comunità di carne e di sangue per narrarsi qui, oggi.
Avevamo appena concluso il ritiro comunitario con padre Sanson s.j. C’erano state occasioni di riflessione e occasioni di preghiera. Ciascuno, certamente, aveva preso qualche buona risoluzione.
Io non ne avevo altre che la sua: risoluzione di amore fiducioso. Ogni giorno la ricevo.., la prendo, la mangio, la bevo... Questo è il mio corpo, offerto per voi. Questo è il calice del mio sangue sparso per voi e per tutti.
Sono risolutamente vivente di lui, in lui, con lui.
Siamo in situazione di epiclesi.
Imparo molte cose; la scuola del servizio del Signore non conosce vacanze, men che meno a Natale. Il Bambino è il nostro maestro. Imparo la chiesa: questa grande felicità di esserne parte, racchiuso carnalmente in questo corpo che narra qui, ora, la presenza.
Quella notte c’erano con noi Gilles, il nostro parroco, e tre studenti africani. C’erano quegli uomini e quelle donne di Croazia e di Bosnia venuti per la festa di Natale del 1991. Imparo la chiesa: la vedo adorna come una sposa secondo il costume del suo sposo, il Servo sofferente.
C’era Fernand, un amico della Savoia.
C’eravamo noi, ciascuno di noi; e gli eventi, che ci hanno avvicinato immensamente, non hanno affatto cancellato le differenze. Al mattino, avevamo convenuto che sarebbe stato stupido far blocco. Ognuno ha vissuto questi eventi gravi. Ognuno li interpreta. Ognuno cerca di assumerli. E poi, c’è anche un "noi” che cammina, progredisce in grazia e in sapienza (!? !). Siamo spiazzati, condotti là dove non avremmo mai potuto andare nonostante tutta la nostra religiosità.
È grande il mistero della fede... della più tenera fedeltà. Sì, sono davvero commosso di essere membro di questo corpo, senza splendore né apparenza di bellezza.
Henri Teissier, il nostro pastore, è venuto a trovarci. La prima cosa che ha fatto è stato di presiedere al sacrificio di lode. Dopo, abbiamo ascoltato, ci si è lasciati dilatare alle dimensioni della sua inquietudine di pastore quando le pecore sono minacciate. È ripartito. Lasciandoci liberi in un’obbedienza che non aveva davanti a sé alcuna soluzione evidente. È stato necessario anche imparare l’obbedienza insieme, senza pregiudizio per la coscienza di ciascuno.
Imparo anche questo, ed è un punto sul quale sono state scritte molte cose, e avevo anch’io la mia opinione in proposito: è argomento proprio ai monaci.
Imparo dunque che c’è innanzitutto la chiesa, e noi siamo parte di questo corpo cristico. So che non siamo migliori, né degli eroi, né nulla davvero di straordinario. Ne ho la netta percezione, qui a Tibhirine. E poi, c’è qualcosa di singolare nel nostro modo di essere chiesa, di reagire agli eventi, di attenderli, di viverli.
C’è una certa consapevolezza, come se fossimo responsabili non di qualcosa da fare, ma di qualcosa da essere, qui, come risposta di verità, risposta di amore. Un rimando all’eternità? Per certi aspetti. Notre-Dame-de-l’Atlas, "segno sulla montagna” (signum in montibus), annuncia il nostro stemma.
E vedo che il nostro modo particolare di esistere -monaci cenobiti, ecc.- ebbene, tiene, dura, e questo vi mantiene saldi. Così, per darvi alcuni dettagli:
L’ufficio. Le parole dei salmi resistono, fanno corpo con la situazione di violenza, di angoscia, di menzogna e di ingiustizia. Sì, ci sono dei nemici. Non possiamo essere obbligati a dire troppo in fretta che li amiamo, senza offendere la memoria delle vittime il cui numero cresce ogni giorno. "Dio santo! Dio forte! Vieni a salvarci! Vieni presto in nostro aiuto!”.
E poi, si ricevono parole di incoraggiamento, di consolazione, parole che fanno sperare; in questi casi, leggere la Scrittura è vitale. Contiene un significato. È da accogliere, da riconoscere. Da riconoscere, si compie: Tu che vieni! Ed eccoci carichi di significato. Si compie: amore in croce.
C’è una persona il cui ruolo è ben evidenziato nella regola di san Benedetto: l’abate. Sì, noi crediamo che tenga il tuo posto, di te che doni la tua vita. Uno di noi tiene proprio questo posto. Ha ricevuto il titolo singolare, davvero singolarissimo, di "signor Christian”. È la parola d’ordine. La parola pasquale. Questo signore è legato a Maria. "Io ...[continua]

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