Cari amici,
a Shanghai, in Piazza del Popolo, c’è il Museo di Arte, una strana costruzione poco riuscita, rotonda con due grossi manici sopra che vuole essere una replica di un bronzo rituale Shang (la dinastia che regnò dal 1520 a.C fino al 1030 a.C, ma le date e la continuità unitaria della dinastia non sono del tutto certe). Il brutto edificio non deve però distrarre dal fatto che all’interno la collezione è una delizia -per quanto di dimensioni un po’ ridotte. A me piace in particolare andare a guardare le ceramiche, le porcellane e i dipinti: ci sono molte altre cose, alcune delle quali mi lasciano quasi completamente fredda e consapevole della mia ignoranza, come i sigilli e le monete antiche, per esempio, e poi tutta quell’arte cinese composta da lacche, incisioni, legno intagliato ecc, che noi liquidiamo come "arte applicata” e che invece in Cina ha un’importanza capitale. Le mie debolezze però sono ceramica e pittura, per quanto per quest’ultima si debba davvero avere pazienza, e rassegnarsi al fatto che per capirla ci vorranno molti anni. Intanto, bisogna pensare che la pittura cinese è molto delicata: spesso il supporto è seta o carta di riso, ben più fragili di una tela, e anche l’inchiostro è più suscettibile agli effetti della luce di quanto non lo sia l’olio o la tempera. Dunque, le sale del museo di Shanghai di pittura sono tutte in penombra, ci si avvicina alle teche e si deve restare pazienti ad aspettare che la luce più forte, intermittente, arrivi sul dipinto (non sono proprio quadri, ma rotoli spiegati e appesi). Se il tempo non vi basta, bisogna restare ad aspettare ancora un po’ la prossima ondata di luce. L’ultima volta che sono andata come sempre il museo era pieno, non di visitatori interessatissimi, come in tutti i musei, ma di persone che sono lì per passare un po’ di tempo, per farsi qualche "selfie” e camminare in fretta e furia davanti ai quadri anche se la luce non è ancora arrivata. Mamme che si trascinano dietro bambini che non ne hanno proprio voglia, papà che offrono spiegazioni di fantasia per cercare di attirare l’attenzione dei figli, e io, ferma a guardare e ad aspettare l’illuminazione, che mi scandalizzo ogni volta che dicono una bestialità. Non perché io la sappia poi così lunga, ma perché la pittura cinese è un gioco per iniziati, è nata elitista come passatempo fra letterati che si divertivano a scambiarsi rebus, a sentirsi sempre più raffinati man mano che coniavano e capivano una serie di frasi invisibili nascoste in simboli dipinti, che a volte trasmettevano potenti affermazioni politiche. Per esempio, un paesaggio brullo, inchiostro nero su carta di riso, con in mezzo, troneggiante, un monaco dai capelli rasati. Il significato occulto è che il suo autore, Shi Tao, vissuto a cavallo del passaggio di poteri dalla dinastia Ming (tramontata nel 1644) alla Qing (che governò la Cina fino al 1911) mostra che il Paese è devastato dai nuovi governanti (paesaggio brullo) e lui si oppone diventando monaco, e tagliandosi i capelli (quindi rifiutando l’obbedienza che prevedeva l’imposizione del taglio di capelli con il codino). Oppure, un cavallo magro magro fra decine di cavalli dall’aspetto robusto: questo fa riferimento a una vecchia storia secondo la quale il cavallo magro rappresenta l’indipendenza di rifiutare di farsi curare da un padrone, ma rimane fine a se stessa perché così facendo, oltre a  essere magri e solitari, non si riesce ad avere alcun impatto. In parte, è come la necessità di conoscere le vite dei santi o le storie della Bibbia per capire le opere d’arte europee. Però il cinese gioca molto sulle omofonie, per cui per esempio un quadro pieno di pipistrelli è di grande allegria, dato che la parola "pipistrello” suona uguale a "fortuna”. Dunque, è un’arte che oltre al primo impatto estetico ne può avere decine di altri, omofonie, riferimenti obliqui, richiami ad altri quadri e artisti, significati all’interno del tipo di pennellata che viene utilizzata… Un mare in cui perdersi sentendosi felici ogni volta che se ne coglie un aspetto in più. È una tradizione in parte pericolosissima, attiva tutt’oggi: ogni volta che succede qualcosa di politicamente importante ecco che, in particolare sul web, fioriscono frasi incomprensibili e rebus che dicono qualcosa di quasi sovversivo, tutto nascosto in un gioco di parole per iniziati. Chi li fa, e chi li capisce, si sente intelligente. Ma non servono assolutamente a nulla, restano muti per chi non conosce ...[continua]

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