Ma se la terra è luogo grande e vario, e se nei secoli legioni di febbrili esploratori si sono affaticati a tracciarne i confini, altrettanto può dirsi di quegli ardimentosi- pur meno inclini ai disagi del viaggio- che su un’altra frontiera, quella interna, avevano deciso di disporsi. Così, accanto alle incerte mappe dei cartografi del cinquecento, compare un’opera straordinaria, che inaugura per metodo, precisione ed eleganza l’epoca della moderna anatomia umana: nel 1543 con il De humani corporis fabrica Andrea Vesalio splendidamente dà conto dello stato d’una conquista dell’uomo che niente ha da invidiare alla conquista del mondo compiuta dagli altri- a noi più noti- sulla rotta delle grandi esplorazioni. Così per un Colombo un Leonardo, per un Vasco De Gama un William Harvey, per un Livingstone un Camillo Golgi.
In tempi successivi, e in una sincronia che vieppiù giustifica il nostro parallelismo, l’introduzione di strumenti nuovi e potenti: l’osservazione aerostatica, la fotografia aerea, le immagini da satellite per la geografia, e la microscopia ottica, quella elettronica, quella elettronica a scansione per l’indagine strutturale del corpo umano. Di pari passo le mappe si sono precisate, hanno fatto arretrare i margini dell’indeterminazione, hanno rappresentato finalmente un surrogato accettabile, un simulacro terreno di quell’oggetto empireo, impossibile, quella ”Mappa Totale“ vagheggiata da Borges. Ma a questo punto, per il prosieguo, dobbiamo differire, e lasciare i geografi alle loro carte a falsi colori, ai loro accurati rilievi. Il bacino di un fiume, una montagna, il profilo di una costa non sono forse meno complessi quanto ad intreccio di linee, di forme e a densità di dettagli di un epitelio intestinale, del parenchima di un polmone o della rete di capillari delle circonvoluzioni del cervello ma, al contrario di questi, non espletano alcun compito preciso. Se l’orografia può quindi esaurirsi in una pura tensione descrittiva, se il particolare dà ragione completamente della sua accurata rappresentazione, così non è per l’anatomico, il quale vive sempre dello stretto rapporto fra struttura e funzione, fra forma e ufficio cui la forma assolve. Anatomia e fisiologia sono due discipline inscindibili fin dalla loro genesi, che vicendevolmente si illuminano: impossibile sarebbe comprendere i modi della diuresi senza conoscere la morfologia dei tuboli renali, che non si comprenderebbero, bizzarri come sono, se non alla luce di quella precisa funzione. Un fatto che ancora oggi, ai nostri occhi, appare mirabile è che ogni essere vivente non solo è dotato d’un progetto costruttivo ma contiene entro se stesso, riprodotto in un numero enorme di copie, tale progetto. E’ come se un’automobile, che pure ha precisa forma atta a consentire funzioni precise, conservasse nel metallo e nel vetro e nella plastica di cui si compongono le sue parti il messaggio necessario a costruirla per intero, coi i modi, i tempi e i materiali idonei. Il progetto -ordito da Dio, dalla selezione naturale o da entrambi, questo non importa adesso- adesso è scritto in ciascuna delle diverse migliaia di miliardi di cellule che compongono il nostro corpo, usando l’alfabeto chimico proprio delle molecole di DNA: solo quattro lettere, quattro residui nucleotidici per l’esattezza, indicati brevemente con A, T, G, C, organizzati in 64 fonemi di sole tre lettere ciascuno, che compongono moltissime parole diverse. Le parole sono sostantivi (i geni strutturali, quelli che realizzano l’impalcatura della cellula), verbi (i geni per gli enzimi, che invece operano trasformando le sostanze) o parti della grammatica genetica devolute al controllo dell’espressione e dell’attività di questi due elementi.
Tutto ciò, ed altro ancora, è il genoma umano: il progetto costruttivo della specie Homo sapiens, l’insieme di informazioni biochimiche preposte a produrre un individuo maturo che vive e pensa se stesso a partire da una minuscola cellula-uovo fecondata.
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