Rosso fuoco l’agro Sarnese nocerino fu il titolo del primo articolo di Gaetano, dove rosso era il colore delle lotte dei contadini e braccianti, e anche quello del pomodoro San Marzano, attorno al quale si battevano produttori e industrie.
Nelle riunioni, dove non è mai mancata l’autoironia, si scherzava insieme su questo divampare, mentre si apprendeva da Gaetano come sulle lave secolari della Campania felix stesse sopraggiungendo la Modernità, nelle vesti delle voraci multinazionali dell’industria agroalimentare. Intimoriti ed affascinati dalla Gorgone, non dubitavamo che sarebbe stata sconfitta dalle ragioni degli uomini in lotta. Non immaginavamo invece che avrebbe finito per pietrificare il rosso pomodoro vesuviano.
Ibridato con semi americani, che danno un prodotto molto meno gustoso, ma allineato per forma e consistenza alle regole del mercato, è diventato, come tanti compagni vegetali e animali recintati nei musei della natura, specie protetta. Per impedire che scompaia del tutto usufruisce oggi delle provvidenze comunitarie destinate a chi conserva e mette a frutto il germoplasma delle specie indigene.
Spenti i grandi fuochi, Gaetano ha continuato come tanti la lotta per la tutela e la messa a frutto del suo angolo di mondo, finché sull’agro e su lui si è steso il lenzuolo di fango. Nel cimitero a pochi passi dal luogo dove riposa, emergono dal terreno un angolo di materasso, una carcassa di frigorifero e una bottiglia di Vov.
Carla Melazzini