Su Il manifesto del 6 giugno, dando notizia che avrei iniziato uno sciopero della fame (lo sciopero, cominciato lunedì 9 giugno, si è concluso sabato 28 giugno, ndr), ho definito la mia decisione "un piccolo atto di testimonianza" per la sofferenza e l’umiliazione di oltre 50 mila persone attualmente segregate nelle carceri e sottoposte a un trattamento inumano e degradante. Giudizio non dissimile, ma più autorevole, è espresso nella relazione della delegazione del "Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani degradanti", in sigla Cpt, dopo la visita ispettiva del marzo 1992 in alcuni carceri e strutture detentive della polizia giudiziaria di Milano, Roma e Napoli: "Sottoporre i detenuti a un simile complesso di condizioni di detenzione equivale, a parere del CPT, a un trattamento inumano e degradante".
Questo giudizio e la data della visita, marzo 1992, meritano però una doppia attenzione. Non si era infatti ancora entrati nella fase più acuta del disastro carcerario, che iniziò di lì a poco con il riacutizzarsi dell’emergenza mafiosa e la risposta governativa della Legge Martelli (giugno 1992). Nel seguito di quell’anno, e poi nei successivi, aumentò vertiginosamente il numero dei detenuti (da 35 mila alla fine del ’91 a 48 mila alla fine del ’92); venne di fatto abrogata la già disattesa Legge Gozzini e dissestato il nuovo codice di procedura penale; si ampliò il ricorso alla carcerazione per gli "extracomunitari" (oggi sono il 20% dei detenuti, ma in forte aumento) e i tossicodipendenti (oltre 18mila in carcere); fu legittimata la caduta di tutte le garanzie, prima tra tutte quella della difesa, e avallate in sede di giurisdizione (magistratura giudicante) e di esecuzione (tribunale di sorveglianza, magistratura di sorveglianza e amministrazione carceraria) prassi sommarie e sbrigative nei confronti della microcriminalità marginale (che costituisce circa l’80% dell’intera popolazione attualmente detenuta).
Dunque, nel volgere di cinque anni, da quella prima ispezione del Cpt ad oggi, le condizioni di detenzione, già allora definite "un trattamento inumano e degradante", non possono che essere peggiorate, e di molto. Sia per il tralignamento del diritto penale a strumento di repressione sociale. Sia per l’accresciuta sofferenza e mortificazione del carcere come pena del corpo e dell’"anima" e come privazione di un’adeguata tutela materiale, legale, medica e igienico-sanitaria (sieropositivi, malati di epatite C, di Tbc ecc., circa 15 mila persone, vivono in promiscuità con quelle sane, con quali pericoli di contagio diretto o, negli affetti da Hiv, dell’"effetto rimbalzo" è facile intuire). E ancora, perché ormai la qualità e la quantità della pena è stabilita di fatto dall’amministrazione carceraria, attraverso l’osservazione del detenuto, del suo comportamento, che sola varrà per ottenere il beneficio residuo della Legge Gozzini. E così il cerchio si chiude. Per paradossale che possa sembrare, il giudice è l’agente carcerario.

Per tutto questo, l’ispezione del Cpt alle carceri italiane assume un’importanza rilevante. Il Cpt ha infatti poteri ispettivi che non sono riconosciuti a nessun’altra autorità esterna all’amministrazione penitenziaria o alla magistratura di sorveglianza. E’ composto da giuristi esperti nel campo dei diritti umani, medici specializzati, esperti dei sistemi penitenziari, criminologi, ecc. Ed agisce d’ufficio, per mezzo di visite periodiche o ad hoc, facendo poi pervenire allo stato interessato un rapporto in cui espone il suo giudizio su tutte le informazioni raccolte ed esprime le sue osservazioni e le sue valutazioni sul trattamento delle persone private della libertà, al fine di prevenire i maltrattamenti fisici o mentali negli istituti di pena. Il che significa anche l’apertura di un dialogo, di una collaborazione con gli organi preposti del paese interessato. Da parte del nostro stato, per quanto sarebbe necessario, questo dialogo non viene affatto favorito.
Il rapporto relativo all’ispezione del 1992, spedito dal presidente del Cpt al Ministero competente nel gennaio ’93, è rimasto invisibile per tre anni. Nel frattempo, il Comitato è stato in Italia nel novembre del 1995 e nel dicembre del 1996, ma delle sue visite e dei relativi rapporti alle autorità governative italiane non si sa ancora nulla. Ai fini della pubblicazione dei rilievi del Comitato occorrono infatti le risposte di merito e l’autorizzazione de ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!