Giorgio Vercellin insegna Storia e Istituzioni del Vicino e Medio Oriente all’Università di Ca’ Foscari, Venezia. Ha pubblicato Istituzioni del mondo musulmano, Torino, Einaudi, 1996; Tra veli e turbanti. Rituali sociali e vita privata nei mondi dell’Islam, Marsilio, 2000.

L’immagine dell’islam che ci viene proposta vede un’ideologia organica e omogenea, quasi immutabile. In realtà sappiamo che si tratta di un mondo articolato e disomogeneo…
Se vogliamo capire il mondo islamico, credo che una prima distinzione da tenere presente sia quella tra islam e società musulmane.
Oggi, è vero, si tende a identificare quelle due realtà, mentre l’islam è un’ideologia che ha avuto una sua evoluzione storica con dei mutamenti, e che ha dato corpo a società specifiche e diversificate, le quali poi a loro volta vivono anche dinamiche di altro genere. Il primo punto che evidenzierei è questo.
Come ho appena detto, l’islam stesso, come ideologia, muta. Questa è una caratteristica sempre poco evidenziata, anche perché c’è un interesse sia da parte dei fautori che degli avversari dell’islam a far passare un’immagine statica. Da parte dei fautori, ossia i musulmani credenti, perché, ritenendola una legge divina, per loro non è pensabile possa modificarsi una volta che Allah/Dio l’ha rivelata. Da parte degli avversari, nel caso specifico degli occidentali, l’interesse è di dire: si tratta di una realtà bloccata, incapace di modificarsi e quindi negativa.
Invece una simile affermazione di immutabilità è assolutamente non corretta, perché l’islam anche in quanto ideologia si è notevolmente modificato nel corso del tempo. Fin dalle origini, accanto al Corano, la Parola di Dio, tra gli elementi che “creano” la Legge divina (la famosa shari’a), sono entrati anche altri fattori provenienti da contesti che non erano affatto religiosi, bensì decisamente umani, terreni. Per esempio la Sunna: un insieme di disposizioni che rifletteva il processo di evoluzione delle società musulmane. Infatti le tradizioni e le strutture delle società sedentarie che l’islam aveva conquistato dopo la morte di Maometto erano diventate così importanti da dover essere riassorbite all’interno stesso del suo corpo normativo, giuridico, che all’inizio, nel Corano, rifletteva invece solo una società a carattere tribale e nomadico. A partire da questa fase iniziale e fino ai tempi nostri nei mondi musulmani, come peraltro ovunque altrove, ci sono state perciò continue interpretazioni dell’ideologia originaria e degli strati giuridici e normativi successivi.
Anche per questo nel dibattito tra chi legge il fondamentalismo come un ritorno alla tradizione più rigorosa e chi lo vede piuttosto come un’invenzione della modernità, io mi trovo più vicino a questa seconda posizione. A mio avviso infatti non si tratta di un semplice ritorno; è piuttosto una rilettura di alcune tradizioni del passato con ottiche, strumenti, filosofie, atteggiamenti e ideologie contemporanei. Insomma, non è un ritorno, quanto piuttosto una reinterpretazione, un riadattamento come ce ne sono stati numerosissimi nei mondi musulmani.
Tanto più che non dobbiamo mai dimenticare che se consideriamo la vastità e la complessità di questi ultimi, la varietà è enorme, perché andiamo geograficamente dal Marocco all’Indonesia; da società ancora oggi fortemente tribali a società decisamente sedentarie; da realtà pastorizie o agricole a realtà artigianali o industriali; da realtà spaventosamente povere a realtà incredibilmente ricche. Per cui di fatto, ad esempio, non esiste “la donna musulmana”. Voglio dire, esiste la donna indonesiana che crede nell’islam e in quanto tale è musulmana, e che lavora nella campagna; esiste la donna saudita, che è musulmana, ma è della famiglia reale e quindi ha a disposizione miliardi di dollari; esiste la donna turca, o addirittura curda di Turchia, che è alla disperazione totale tanto quanto la donna afgana, solo che una è sedentaria e l’altra è ancora nomade; esiste poi la donna musulmana tunisina che abita in Francia o la donna italiana convertita all’islam. Ecco, sono tutte musulmane certo. Ma cos’hanno in comune? Il fatto di credere in Allah (anche se forse neppure negli stessi modi). Dopodiché sono assolutamente su posizioni diverse. Una mia studentessa si dichiara musulmana e di fronte alla domanda: “Ti metteresti il velo?”, m’ha detto: “Ma lei è matto!?”. Lei è di genitori libanesi, ha la doppia nazionalità, ed è sempre vissuta in Italia. Chiaramen ...[continua]

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