Roberto Marchesini, veterinario, direttore di “Quaderni di bioetica”, ha pubblicato, fra l’altro, La fabbrica delle chimere (Bollati Boringhieri, 1999), Zooantropologia (Red, 1999), Bioetica e professione medico-veterinaria (Macro, 1999).

Quali sono le condizioni strutturali che possono aver determinato la comparsa di “mucca pazza”?
Non c’è dubbio che queste condizioni si sviluppano a partire dagli anni ‘50 con l’idea di poter completamente trasformare l’allevamento in industria.
E’ quello il punto chiave, il punto di svolta. Si interrompono attività un tempo correlate tra loro, cioè l’attività agronomica e l’attività di cura e di allevamento degli animali; viene meno anche una certa complementarietà, che permetteva di fare con la paglia le lettiere per gli animali, di utilizzare i momenti di riposo del terreno per produrre determinati foraggi, di accumulare le feci animali assieme alla paglia nel letamaio costituendo la base per la concimazione dei campi. Soprattutto si interrompe la complementarietà alimentare: alimentato con sostanze ricche di cellulosa e di lignina che sono totalmente indigeste per la specie umana, il bovino le trasformava in alimenti edibili per l’uomo, in latte ad esempio, o in lavoro, per cui l’animale aveva la forza di traino per arare i campi o per il trasporto delle cose. Il bovino, quindi, da un punto di vista alimentare non era assolutamente un competitore dell’uomo.
Negli anni ‘50 si comincia a dividere in maniera netta l’attività agronomica dall’attività zootecnica, prima di tutto sostituendo gli animali con le macchine; i trattori e i mezzi di trasporto hanno reso inutile la presenza disseminata degli animali come forza motrice, operativa; nello stesso tempo c’è una distruzione delle piccole aziende, il che rende inutile la presenza di molta gente in ambito rurale. Il resto viene di conseguenza. Il letame non può più essere prodotto come una volta perché gli animali, stabulati in grossi allevamenti intensivi in condizioni di sovraffollamento, producono una quantità enorme di escrementi; questi, non essendoci più la paglia, devono essere prelevati allo stato puro, e conservati in lagoni dove diventano liquame; ora il liquame può essere solo parzialmente utilizzato, ma non ha una forte azione fertilizzante perché percola immediatamente in falda, e quindi diventa un agente fortemente inquinante. Così le feci, che prima erano la cosa più importante per la fertilità dei campi, diventano invece un fortissimo fattore d’inquinamento. I campi, da un certo punto in poi, vengono concimati chimicamente.
L’esodo dalle campagne diventa diffusissimo…
Noi siamo abituati a parlare degli anni del dopoguerra come di uno spostamento dal sud al nord. In realtà l’esodo più rilevante, che ha coinvolto una massa di milioni di individui, fu quello dalle campagne alle città: grandi quantità di persone, anche attraverso un’azione culturale, vennero spinte a inurbarsi.
La cultura rurale venne distrutta, il contadino raffigurato con disprezzo. E’ un processo culturale che aveva uno scopo: portare persone in città e impiegarle in maniera massiccia nelle fabbriche, nel terziario.
Ma d’altra parte è una tendenza che si verifica ovunque, in Europa dal periodo della belle époque al primo dopoguerra, in Italia soprattutto nel secondo dopoguerra. Per rendere possibile tutto questo era assolutamente necessaria l’eliminazione della microgestione degli animali. Prima di tutto era indispensabile fare in modo che non fosse più conveniente per il contadino avere gli animali.
Cosa succede agli animali?
Separando, appunto, le due attività -agricoltura fatta attraverso le macchine e il concime chimico, zootecnia intensiva all’interno degli allevamenti- l’allevamento da attività ecologica, biologica comincia a trasformarsi in un’attività totalmente industriale. Assistiamo ad un vero e proprio trionfo dell’automazione, dell’inorganico, del desiderio di dominare i processi biologici e di indirizzarli come si ritiene più opportuno. L’attività zootecnica con l’automazione provoca sicuramente una grande sofferenza degli animali; il sovraffollamento e le condizioni innaturali pure. Lo stress conseguente inibisce il sistema immunitario, le difese naturali dell’animale vanno in tilt. Quindi c’è bisogno di controllare il processo attraverso dei farmaci, che devono costituire una sorta di ombrello protettivo. All’animale devono essere somministrate in permanenza sostanze che siano profilattiche: antibiotici ...[continua]

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