Giampietro Berti insegna Storia dei partiti politici all’Università di Padova. Teorico e storico del pensiero libertario ha recentemente pubblicato Il pensiero anarchico dal Settecento al Novecento (Piero Lacaita Editore), la storia analitica più completa mai scritta su tale corrente di pensiero.

L’ultimo evento rivoluzionario che la tua storia del pensiero anarchico prende in esame è la rivoluzione spagnola, significa che il pensiero anarchico è morto con essa?
Sono convinto che, di fatto, la storia del pensiero anarchico "classico", cioè del pensiero anarchico nato nella prima metà dell’Ottocento, si sia conclusa con la rivoluzione spagnola e con la seconda guerra mondiale.
Oserei anzi dire che, per certi aspetti, l’anarchismo classico finisce addirittura con la prima guerra mondiale e la rivoluzione russa, anche se è vero che la rivoluzione russa mise in moto un ciclo rivoluzionario enorme che alimentò le speranze e le illusioni -le speranze più che le illusioni- degli anarchici, ma quel ciclo rivoluzionario poco aveva a che fare con le possibilità reali di una rivoluzione anarchica.
Questo, ovviamente, non vuol dire che l’anarchismo sia finito dopo quegli avvenimenti e che quel che è seguito non sia più anarchismo; non ho detto "Questo e solo questo è il pensiero anarchico" e non a caso ho analizzato autori come Rudolf Rocker, Andrea Caffi, Bruno Rizzi, che hanno scritto alcune delle loro cose migliori nel secondo dopoguerra. Quel che io penso, insomma, è che il ciclo dell’anarchismo che emerge con Michail Bakunin e la 1° Internazionale e prosegue con Piotr Kropotkin, Errico Malatesta, Camillo Berneri, si chiude al massimo in quel periodo e che l’anarchismo posteriore a quegli eventi sia una cosa molto diversa da quello che lo precede, anche se, certamente, si tratta sempre di anarchismo e non c’è una vera soluzione di continuità. Rispetto a quello precedente, l’anarchismo del secondo dopoguerra ha lo stesso rapporto che il figlio ha col padre: senza il padre il figlio non ci sarebbe, tuttavia il figlio è un’altra persona.
Tutto questo, probabilmente, significa che il pensiero anarchico in quanto tale, il pensiero cui ci si riferisce quando correntemente si parla di anarchismo, è quello "classico", è il "padre", e a sua volta questo apre un problema sulla natura dell’anarchismo contemporaneo che io, non volendo fare una ricerca dogmatica, non potevo risolvere, ma solo porre.
Un pensiero che, da quel che scrivi, ha il suo punto cardinale non tanto nella polemica fra Marx e Bakunin, quanto nel pensiero di Stirner...
La 1° Internazionale e la polemica fra Bakunin e Marx, così come quella fra Marx e Proudhon, furono indubbiamente determinanti per la chiarificazione del pensiero politico dell’anarchismo, ma, altrettanto sicuramente, il confronto teorico fondamentale, quello che definisce l’anarchismo come tale, ma anche il marxismo come tale, è quello fra Marx e Stirner.
Il dibattito politico è sicuramente altrettanto importante di quello teorico, ci mancherebbe altro, ma senza Stirner l’anarchismo non sarebbe stato possibile, ed è per questo che la storia dell’anarchismo e del marxismo sono già tutte contenute rispettivamente nell’Unico e nell’Ideologia tedesca. La critica che, nell’Unico, Stirner fa al comunismo è una critica cui Marx e i marxisti sono stati incapaci di rispondere seriamente e non a caso L’ideologia tedesca, scritta da Marx ed Engels soprattutto per replicare a Stirner, non venne pubblicata dagli stessi Marx ed Engels e fu pubblicata postuma. Stirner era l’ossessione di Marx perché la critica stirneriana al comunismo è talmente radicale, ficcante e centrata che non è possibile né ribattervi né superarla, ed infatti né le critiche liberali al marxismo, che verranno cinquant’anni dopo Stirner, né quella di Weber, né la scuola austriaca, sono di fatto riuscite, dal punto di vista teoretico, ad andare un solo millimetro più avanti di quanto fosse giunto lui.
Stirner, per esempio, dice che il comunismo è l’estrema espressione della sacralità perché implica il concetto di indistinto che, a sua volta, è uno dei cardini del pensiero religioso, così come intuisce che, proprio per la sua natura religiosa, un regime comunista non potrà che considerare i dissidenti come dei malati da curare o come dei nemici da sterminare, come in effetti è poi accaduto. Certamente Stirner non critica la "dittatura del proletariato", una critica che sarà al centro del pensiero di Proudhon e Bakuni ...[continua]

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