Rita e Aldis

Li incontro nella sede della loro associazione “Together with Ukraine, Tiklu darbnica Riga”. L’associazione ha un laboratorio dove i volontari costruiscono reti mimetiche da inviare in Ucraina per camuffare mezzi e tende dell’esercito. Rita è una donna mite e simpatica, da giovane lavorava alle poste, ha 65 anni e riesce a comunicare in inglese. Aldis, 66 anni e una leadership marcata, è magro e con un corpo nervoso ma ha un animo buono e rappresenta un pilastro dell’associazione. Aldis è un elettricista e elettronico in pensione, ma continua a lavorare perché in Lettonia le pensioni non permettono agli anziani di vivere decentemente. Rita ci fa commuovere quando ci racconta di aver sventolato la bandiera lettone sul palco del festival di musica popolare tradizionale nel 1988, in epoca ancora sovietica.

Cosa vi hanno raccontato i vostri genitori della prima occupazione sovietica?
Rita. Mio padre era nel partito comunista e direttore di scuola. I miei genitori non mi hanno raccontato molto dell’occupazione. Anche i miei nonni avevano timore di parlarne perché noi bambini potevamo riferire quello che sentivamo a casa. Ho iniziato a capire questi comportamenti molto più tardi, quando ero già diplomata e lavoravo.
Aldis. Anche i miei genitori non mi raccontavano nulla. I miei nonni erano stati spediti in Siberia dai sovietici e non sono mai tornati. Da giovane ero un musicista e le persone dell’ambiente della musica e del canto popolare tradizionale condividevano posizioni indipendentiste.
La vostra giovinezza è stata felice?
Rita. Sì, eravamo felici, perché eravamo giovani e perché non avevamo paragoni con un altro modo di vivere. L’ho capito molto tempo dopo. Non ci era permesso né di viaggiare all’estero né di avere contatti con la cultura di paesi occidentali.
Aldis. Sono sempre stato uno spirito libero e anche quando ero giovane la pensavo in maniera diversa dagli altri. Il giorno del mio diploma ho chiesto di andare alla festa vestito con dei jeans a zampa di elefante. Avevo i capelli lunghi. Non era una cosa comune. Mi hanno permesso di indossare i jeans ma mi hanno costretto a tagliare i capelli, altrimenti non mi avrebbero consentito di conseguire il titolo.
All’epoca dell’indipendenza avevate poco più di trent’anni. Cosa potete raccontare?
Rita. Ero una madre con i figli ancora piccoli. Non ero molto coinvolta nella politica ma cantavo in un coro di musica popolare tradizionale. Ci era proibito cantare canzoni patriottiche lettoni e non era possibile festeggiare il Natale, ma sentivamo di avere un po’ più di libertà cantando.
Cos’è cambiato con la perestrojka?
Rita. Stava cambiando il modo di pensare, il mio gruppo ha partecipato per la prima volta al festival della canzone popolare tradizionale nel 1988. Abbiamo portato le bandiere lettoni nascoste sotto i vestiti e le abbiamo sventolate sul palco alla fine del concerto. Avevamo paura ma lo abbiamo fatto lo stesso. In realtà non accadde nulla perché credo che anche le persone appartenenti al direttivo del partito comunista avessero iniziato a cambiare mentalità.
Aldis. Il “Tautas Fronte” era un nuovo partito nato nel 1988 all’interno del partito comunista. Nel 1990 vinse le elezioni per il Parlamento, il Soviet Supremo lettone. Al suo opposto c’era l’“Inter Fronte” che era il partito filosovietico, fortemente legato al potere di Mosca. C’era un solo modo per arrivare all’indipendenza: era paradossalmente quello di vincere le elezioni interne al partito comunista. La costituzione sovietica, infatti, prevedeva la possibilità di crearvi un altro partito. Il “Tautas Fronte” ha lavorato duramente per l’indipendenza. Le elezioni più importanti sono state quelle del 1990, un periodo in cui la situazione politica interna era in ebollizione.
Nel 1991, la protesta culmina con le barricate. Nel 1989 c’era stato un altro evento importantissimo, la “Baltic way”. Voi avete partecipato a queste manifestazioni? E come fu il giorno dell’indipendenza?
Rita. Io ho partecipato alle barricate, ero nella città vecchia. Ci scaldavamo accendendo fuochi, eravamo seduti in piazza. Arrivavano a Riga persone da tutta la Lettonia con grandi trattori e macchinari agricoli. Lo scopo era quello di creare blocchi stradali per difendere la città. Il processo che ha portato all’indipendenza è durato due anni, ma quando, finalmente, è stata proclamata, eravamo colmi di felicità! Ricordo che ho appreso la notizia dalla tv e anche se non ero prese ...[continua]

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