Gaetano Insolera, avvocato cassazionista, è ordinario di Diritto Penale all’Università di Bologna, dove è docente di Diritto penale Comparato e Internazionale nella Scuola di Giurisprudenza e di Diritto penale (I° anno) nella Scuola di specializzazione per le professioni legali E. Redenti; dal 2004 dirige il ciclo di seminari "Lavori in corso”.

All’ultimo congresso di Magistratura Democratica, svoltosi quest’anno, il Procuratore della Repubblica di Milano ha messo in guardia dal "protagonismo” di certi magistrati che si propongono come custodi e tutori del vero e del giusto. Lo stesso filosofo del diritto Luigi Ferrajoli ha aggiunto che la separazione dei poteri va difesa non solo dalle indebite interferenze della politica nell’attività giudiziaria ma, viceversa, anche dalle indebite interferenze della giurisdizione nella sfera di competenza della politica. Siamo in presenza, effettivamente, di una tendenza pervasiva della magistratura requirente e inquirente?
Penso di poter dare senz’altro una risposta affermativa. Con una precisazione, che vuol mettere in evidenza non solo i percorsi dello studioso e del magistrato citati, ma anche di altri. Mi vengono in mente, primo tra tutti, Violante; ma anche Domenico Pulitanò -sue recenti prese di posizione sul caso Ilva sono state pubblicate sulla rivista dei penalisti bolognesi (ius17@unibo.it). Inoltre, è uscito un importante saggio di Giovanni Fiandaca sull’ultimo numero della rivista "Criminalia”, a proposito della presunta trattativa Stato-mafia.
L’impressione è che un settore della cultura, diciamo, progressista o comunque con radici nella storia politica della sinistra del Novecento, si stia rendendo conto di un fenomeno che -attenzione- non è in alcun modo rapportabile alla cosiddetta "supplenza giudiziaria”, che ha caratterizzato l’ultimo scorcio del Novecento nel nostro paese e che ha portato, ad esempio e, tanto per intenderci, a polemiche ricorrenti sull’opportunità o meno che i magistrati fossero iscritti ai partiti politici. Ecco, a parer mio, non è questa l’attuale realtà italiana. Faccio spesso una battuta: i giudici comunisti sono un sogno di Berlusconi, perché, se così fosse, sarebbe tutto molto più semplice. In realtà, il problema è molto diverso e, devo dire, più grave.
A questo proposito molti sono gli spunti offerti dal volume di Carlo Galli, I riluttanti.
Io penso che la situazione attuale si rappresenti con una crisi delle élites politiche, con una perdita di identità delle formazioni politiche, a cui subentra una tendenza della magistratura a fare direttamente azione politica, senza però riferirsi a determinate idee e concezioni, quali quelle riconducibili ai partiti storici del Novecento o a formazioni più recenti.
Questo implica quello che definirei un elemento di costituzione materiale che altera il riparto dei poteri disegnati dalla nostra Costituzione.
Ovviamente non mi riferisco a tutta la magistratura: c’è però un’élite all’interno della magistratura che risolve inadempienze (spesso reali) della pubblica amministrazione o della politica con un intervento diretto. In fondo si potrebbe dire: "Beh, ma questo corrisponde a un deficit nell’esercizio dei poteri così come costituzionalmente delineati e quindi: perché no?”.
Il nodo, oggi oggetto di molte riflessioni, si concentra in una parola: legittimazione. Detto altrimenti: questo ruolo può essere svolto da un soggetto che si ritiene autorizzato, legittimato a svolgere questo compito senza però alcun riferimento di tipo democratico; un soggetto che viene reclutato attraverso un concorso pubblico, non diverso da quello delle vecchie Poste?
Parliamo di un soggetto che, a differenza della tesi di Galli a proposito delle élites, non rifugge dalle responsabilità ("i riluttanti”), piuttosto si assume responsabilità senza doverne mai rispondere. Che è totalmente irresponsabile, se non attraverso dinamiche che sono completamente autarchiche.
Chiedo: un’azione direttamente politica può tollerare queste caratteristiche, queste connotazioni?
Questa è la realtà di oggi e più che di un’invadenza è opportuno parlare di una modificazione, in termini di costituzione materiale, della ripartizione dei poteri disegnati dalla legge fondamentale.
Tra l’altro, con alcuni equivoci formidabili. Perché, da un lato, il potere giudiziario, con una sentenza molto importante del 2010 delle Sezioni Unite penali (la sentenza sul cosiddetto giudicato esecutivo) si attribuisce un ruolo add ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!