A più di sei mesi dalle polemiche sull’esito delle elezioni politiche, come valuti quel risultato?
L’esito elettorale è stato sorprendentemente molto deludente per gli avversari di Berlusconi, numerosi non solo nel centrosinistra. Essi, da ben prima dell’esito disastroso delle regionali del 2005, affermavano che Berlusconi aveva perso il consenso della propria gente e aveva ormai contro l’intero paese: le regionali avevano confermato questa valutazione; le elezioni politiche apparivano ai più un passaggio burocratico per poter cacciare colui che rappresentava ormai solo qualche interesse poco nobile…
E invece?
Invece, come avevo affermato, nel mio piccolo, ai quattro venti, fin appunto dall’esito delle regionali, si è dimostrato che il consenso a Berlusconi, a fronte di un’alternativa poco credibile perché sconnessa, era ancora molto forte.
Da che cosa lo arguivi?
Da due elementi. Il primo derivava dalla esperienza di sempre: che è abitudine di tutto un ceto di sinistra proclamare anzitempo la fine dell’avversario (in questo caso, del nemico) per incoraggiare le proprie truppe, col risultato di autoconvincersi delle proprie fantasie. Per inciso ricordo i titoli dell’Unità dal ’50 all’80 che, alla vigilia di ogni voto, davano per scontata la vittoria e che, addirittura, proclamavano l’avvenuta vittoria anche dopo l’esito regolarmente negativo: la Dc aveva perso perché era scesa dal 41% al 39% e il Pci aveva vinto perché passava dal 23% al 25% (controllare per credere!).
Secondo elemento?
Dal fatto che i sondaggi, da tempo favorevoli al centrosinistra, riflettevano l’opinione della gente in assenza di campagna elettorale. E al voto ci si arriva invece dopo una lunga campagna in cui qualcuno ha argomenti che tengono la scena, belli o brutti che siano, e altri invece no; e ci si arriva dopo che coloro che fanno opinione nei vari ambienti sociali si sono espressi. Per fare un esempio, se si chiedesse, in un sondaggio, l’atteggiamento verso la pena di morte, l’esito sarebbe probabilmente pesante, e ancor più se lo si facesse dopo qualche grave fatto di sangue. Ma dopo un mese di campagna, in un eventuale referendum, dopo che le forze politiche avessero espresso i propri argomenti e le persone sagge avessero motivato il proprio voto (nelle famiglie, sui luoghi di lavoro, nelle associazioni, ecc.) probabilmente l’esito sarebbe ben più ragionevole.
E quindi?
Quindi, mi sembrava evidente, e lo dico malvolentieri perché non sono un supporter di questa parte politica, che su molti temi che tengono la scena e suscitano interesse, il centrodestra aveva argomenti più efficaci per molta parte dell’elettorato.
Facciamo qualche esempio?
Tasse: chiunque avverte la differenza sul tema fra i due contendenti. Prodi è consapevole che occorre ridurle perché altrimenti l’economia non riparte, Berlusconi considera le tasse quasi un esproprio, tenuto conto degli sprechi e delle inefficienze dei servizi pubblici. Uno promette di ridurle, l’altro lo desidera con tutto se stesso.
Criminalità: si avverte che il centrosinistra considera il criminale quasi il naturale e meritato prodotto di una società ingiusta, egoista, fondata sul profitto; per il centrodestra, che crede di più nella responsabilità individuale, nell’etica del sistema di mercato, le pene detentive sono il castigo per chi commette errori e valgono come deterrente per tutti gli altri.
Gli argomenti del centrosinistra, per essere compresi, abbisognano di una spiegazione ragionata; quelli del centrodestra rispondono a modi di sentire certamente meno raffinati, ma più istintivi e diffusi.
A Vicenza, al convegno degli industriali, cos’è successo?
La linea tenuta da Luca di Montezemolo e dai vertici di Confindustria era da mesi prudente, attenta agli equilibri futuri, preoccupata delle tensioni con il sindacato; una linea non entusiasmante, ma sicuramente ragionevole per chi guida grandi aziende.
E’ arrivato Berlusconi e senza alcun fair play (cosa questa sgradevole, ma legittima e che piace molto a chi si sente forte di sé!) ha detto: senza di voi (intendendo noi) l’Italia spreca soltanto, faremmo molto di più se il sindacato non fosse una palla al piede, Luca di Montezemolo dice quello che dice perché ha un grosso conflitto d’interessi: fa parlare il capo della Fiat da presidente di Confindustria. I presenti hanno capito che il Berlusca lisciava il pel ...[continua]
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