Georges Bensoussan, storico, è direttore della Revue d’histoire de la Shoah, pubblicazione del Centre de Documentation Juive Contemporaine di Parigi; ha pubblicato: Génocide pour Mémoire, Plon 1989; L’Eredità di Auschwitz, come ricordare?, Einaudi 2002; Histoire politique du sionisme, Fayard 2003 (presto in uscita da Einaudi).

Nell’ultimo numero della rivista, La Revue d’Histoire de la Shoah, che ha come tema “Négationnisme et antisémitisme dans le monde arabo-musulman: la dérive”, si delinea un quadro molto inquietante e potenzialmente pericoloso. Si tratta di un fenomeno recente?
Questo antisemitismo arabo-musulmano è esasperato dal conflitto ma non è nato a causa del conflitto. Esisteva già prima del 1948 e ancora prima della nascita del sionismo, anche se non in forma così violenta, da pogrom, come è avvenuto in Polonia o in Russia per esempio. C’era tuttavia una cultura del disprezzo che la nascita del sionismo e in seguito dello Stato d’Israele hanno esasperato. La nascita del sionismo e la creazione dello Stato israeliano sono due eventi incomprensibili, nel senso che un popolo considerato da sempre come vile, codardo sottomesso possa edificare di punto in bianco uno Stato, in una terra considerata esclusivamente araba, e che possa inoltre imporsi, in numerose occasioni, come vincitore nelle varie guerre che si sono succedute nel corso di questi anni, è appunto impensabile.
L’antisemitismo musulmano affonda le sue radici ancor prima della nascita dello Stato di Israele ed è riconducibile alla figura del Dhimmi, l’ebreo suddito all’interno degli stati arabi. E’ risaputo che questo statuto di Dhimmi intendeva relegare perennemente gli ebrei -come anche i cristiani che vivono in Medio Oriente- in una situazione di sudditanza, all’interno del mondo arabo. Ovviamente, la nascita dello Stato di Israele ha messo in crisi questo modello, obbligando gli arabi a misurarsi con gli ebrei da pari a pari. Tuttavia è da una trentina d’anni che l’antisemitismo arabo ha compiuto una svolta diabolica, in particolare dopo la Guerra dei sei giorni, che per il mondo arabo è stata un grosso trauma. Com’è possibile, che un piccolo paese come Israele, composto da un popolo di Dhimmi, da sempre sottomessi, abbia potuto sconfiggere la coalizione araba?
Questa incomprensione di fronte alla sconfitta ha generato, anche nel mondo arabo, la teoria del complotto ebraico mondiale, collegandosi, in questo modo, alla medesima teoria del complotto di stampo occidentale, recuperando e integrando nel proprio immaginario il famoso falso storico I protocolli dei Savi di Sion. Tuttavia l’antisemitismo musulmano ha origini proprie; per esempio nel Corano vi sono molteplici invettive contro gli ebrei traditori. Nonostante i legami con l’antisemitismo occidentale, l’antisemitismo musulmano non è stato importato dall’Occidente, tranne che in un caso. La Chiesa cristiana, all’inizio del XIX secolo, ha esportato in Medio Oriente alcuni schemi dell’antisemitismo, come il sacrificio rituale di bambini cristiani o l’avvelenamento dell’acqua. Tra le piccole comunità cristiane presenti nei paesi mediorientali troviamo questi aspetti. Purtroppo però, negli ultimi anni, si è assistito ad un’islamizzazione di temi e argomenti ricorrenti nell’antisemitismo occidentale. Un altro punto in comune è costituito dalla Shoah. Mi spiego. Dopo la Shoah, il termine antisemitismo, nel mondo occidentale, è diventato un tabù. Attualmente però l’antisemitismo musulmano, svincolato da sensi di colpa, sta contribuendo a scardinare questo tabù e a liberare la parola “antisemita”.
La Shoah rappresenta ancora un ostacolo per la legittimazione dell’antisemitismo?
Sì, per forza di cose. La Shoah, nel mondo cristiano, è il senso di colpa. Tuttavia questo discorso non vale nel mondo arabo, perché loro non si sentono, giustamente, colpevoli di nulla. Quindi, se in Occidente questo senso di colpa frena le tendenze antisemite, nel mondo arabo e fra i musulmani che vivono in Europa, non svolge alcun ruolo, perché è loro del tutto estraneo. Per loro il discorso antisemita è in un certo senso libero da tutto questo.
Questa libertà stimola il discorso e le tendenze antisemite occidentali e, soprattutto qui in Francia, rinvigorisce l’antisemitismo francese che, pur essendo minoritario, è sempre presente. Qui l’antisemitismo francese fa leva su quello arabo, esprimendosi però sotto una forma più velata. Per esempio, attraverso la delegittimazione dello Sta ...[continua]

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