Olga Baldassi Pezzoni, sposata, con un figlio, vive a Milano.

Sono nata e sono sempre vissuta a Milano. Dal ’54 al ‘68, mia mamma ha avuto un bar ristorante a Cusano Milanino; in quegli anni sono cresciuta con i miei nonni, tra l’altro proprio in questa strada, semplicemente sull’altro lato; dopo la cessione del bar ci siamo trasferite entrambe in questo palazzo. Quando mi sono sposata, nell’87, mia mamma ha deciso di lasciare a me la casa e trasferirsi in un appartamento più piccolo, in affitto. E’ morta cinque anni fa. Purtroppo. Mi manca tanto, era una persona eccezionale: mi ha cresciuto da sola, con i nonni e una mia zia. Mio padre infatti se n’è andato quando avevo un anno: aveva deciso che se non ci vedevo non potevo essere sua figlia. Che ci vuoi fare? Capita di tutto nella vita. Oggi tra l’altro mi trovo a pensare: meno male. Perché con una mentalità come la sua probabilmente non sarei neanche andata a scuola. Tutto sommato mi è andata benissimo.

Sono non vedente dalla nascita. Mia madre, al sesto mese di gravidanza, ha avuto la rosolia, la quale ha bloccato lo sviluppo del nervo ottico. Non se ne sono accorti subito; avevo circa sei mesi quando l’hanno scoperto. A quel punto è iniziato il calvario dei medici, che è durato qualche anno. Alla fine sono stata io a dire basta, non ne potevo più.
Trattandosi del nervo ottico, non avrebbero comunque potuto farci niente. Tuttora non c’è nulla da fare. E poi comunque, credimi, se anche oggi si potesse fare qualcosa, a me non interessa. A questo punto sarebbe un trauma pari a quello di uno che perde la vista da adulto. Avrei lo stesso tipo di problemi a livello psicologico, per cui, dato che invece ho raggiunto un mio equilibrio…
Onestamente a me oggi la vista non manca, neanche un po’.

Mi è mancata in passato, soprattutto durante l’adolescenza, per via dei libri, del leggere. Ricordo che avevo cominciato a accumulare libri nella speranza che un giorno a qualcuno venisse in mente di inventare qualcosa che mi permettesse di leggerli.
Quando ero piccola, infatti, c’era sì il braille, ma intanto i libri per non vedenti erano pochissimi e poi… immensi! Tonnellate! Io avevo la bibbia in braille, in inglese (da notare che in inglese usano un sistema abbreviato del braille, una specie di stenografia) ebbene, erano 70 volumi! E volumi tipo l’elenco telefonico!
Quando ho avuto l’Optacon, questa macchinetta che mi permette di leggere i libri normali, mi sono messa a inviare alle varie biblioteche o istituti tutti i libri in braille che avevo comprato o che mi avevano regalato: ho spedito 700 kg di materiale!
Comunque, a parte la mole, col braille il vero problema era che proprio mancavano i libri, c’era pochissimo. Io ricordo che volevo studiare il russo, lo volevo proprio tanto; ebbene, col braille per poter studiare il russo ho dovuto aspettare di aver imparato il finlandese.
Devo fare una piccola premessa; io sono evangelica, per scelta (la mia famiglia è cattolica); mio marito lo è di nascita. Nell’estate del ‘70 un gruppo di finlandesi era venuto in visita alla nostra chiesa e si era fermato un paio di settimane; eravamo stati bene così ci eravamo dati appuntamento per l’anno successivo; al momento di congedarsi loro si erano ripromessi di insegnare l’italiano a quelli che volevano venire. Io allora avevo detto: “Ma non è preferibile che uno di noi impari il finlandese piuttosto che venti-trenta persone imparino l’italiano? Imparo io il finlandese”. Loro ovviamente mi avevano riso in faccia: “Il finlandese non lo impara nessuno figurati se lo impari tu”. Così abbiamo fatto una scommessa: “Se quando torniamo sai parlare un po’ di finlandese vieni in Finlandia con noi”.
Ricordo che andai subito a comperarmi il Teach yourself Finnish alle Messaggerie musicali. Ce l’ho ancora. Era un libro normale, senza cassette, ma tanto avevo sentito loro e poi il finlandese si legge come si scrive… Avevo assoldato mia mamma e mia nonna affinché me lo dettassero, anche se le vere vittime erano le povere ragazze a cui allora davo lezioni d’inglese; in cambio delle ripetizioni si tenevano ciascuna ogni volta una mezz’oretta e mi dettavano.
In realtà si divertivano anche loro, e intanto facevano esercizio d’inglese leggendo a voce alta… così mi sono trascritta parte della grammatica, a mano, tra l’altro, perché non ho mai usato la dattilo braille…
Tuttora scrivo con una tavolettina e un punteruolo, che ho da quando facevo le elementari, si inserisce ...[continua]

Esegui il login per visualizzare il testo completo.

Se sei un abbonato online, clicca qui accedere, oppure vai alla pagina Abbonamenti per acquistare l'abbonamento online.
Gli abbonati alla rivista hanno diritto all'abbonamento online gratuito!