“E’ come se dovessimo sempre ricominciare da capo”. Sono parole di Khalida Messaoudi, femminista algerina condannata a morte dai Gruppi Islamici Armati nel giugno 1993 e il cui nome figura al primo posto nella lista delle persone da abbattere trovata recentemente in un covo islamista in Francia. L’abbiamo risentita dopo averla incontrata in ottobre per l’intervista pubblicata nello scorso numero di Una Città. Da allora, la situazione in Algeria non ha fatto che peggiorare: il referendum costituzionale truffa del 28 novembre -contro cui tenacemente si è battuto il partito di Khalida- ha sancito la dittatura militare mentre il terrore islamista si è riproposto con una brutalità oltre ogni limite: decine e decine di civili, fra cui tantissime donne, massacrati. Khalida scrive anche a nome della sua associazione Rachda: «L’integrismo islamista e il suo braccio armato funestano ogni giorno il nostro paese: assassini, massacri collettivi, stupri, distruzioni... La barbarie è il nostro pane quotidiano. Purtroppo, il nostro dramma non si riassume solo in perdite colossali di vite umane, in ferite fisiche e psichiche o in distruzioni di beni materiali. Non riusciamo ancora a misurare l’ampiezza dei traumi che subiscono la popolazione e la società in tutte le loro componenti: le persone, le loro relazioni, i loro luoghi di socializzazione, le loro organizzazioni... Il terrorismo ha avuto degli effetti disastrosi su tutti i movimenti democratici in generale e su quello delle donne in particolare. Se la sua determinazione, la sua forza di convinzione, il suo coraggio ammirato da tutti, non sono stati scalfiti, siamo obbligate a constatare che ha subito dei contraccolpi e delle disarticolazioni... ”.
Per le militanti femministe algerine è un momento difficile. Ma sono più determinate che mai nel loro impegno a non cedere, si interrogano su come ricompattarsi, acquistare incisività, assicurare la continuità e lo scambio fra le diverse generazioni di donne. Continuano a far progetti, fra cui quello di un giornale. Noi di Una Città, nel nostro piccolissimo, abbiamo deciso di dare spazio alle loro voci, di presentare le loro attività, e di lanciare una sottoscrizione a sostegno dei loro progetti. Pubblichiamo in questo numero quello che Myriam Benhamza ci ha raccontato, durante il suo breve soggiorno in Italia con Khalida, sull'associazione SOS Femmes en Détresse (SOS donne in difficoltà) da lei presieduta, la testimonianza inedita di un’insegnante e alcuni interventi estratti da bollettini diffusi ad Algeri in occasione dell’8 marzo 1996, fra cui quello dedicato a Naima Hammouda, giornalista, assassinati il 2 agosto 95. In questi anni 80 giornalisti sono caduti per mano terrorista.